Unione dell’energia, “la Ue deve fare di più”

Quotidiano Energia - L’Unione europea ha centrato gli obiettivi al 2020 per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, ma in molti casi solo a seguito della crisi innescata dalla pandemia da Covid-19. Considerati gli ambiziosi target al 2030 fissati dal piano REPowerEU, i 27 devono dunque imprimere una spinta ben maggiore alla transizione. Lo sostiene la Commissione Ue, che ha pubblicato mercoledì 8 documenti di accompagnamento alla relazione 2022 sullo stato dell’Unione dell’energia presentata il mese scorso: 5 rapporti, un regolamento delegato e due bozze di linee guida.


Oltre alle linee guida sui Pniec, Bruxelles ha pubblicato quelle sui progetti Fer transfrontalieri, evidenziando i modi in cui gli Stati membri possono cooperare al meglio, ad esempio “concentrando gli investimenti nelle aree con il maggiore potenziale”. Il documento propone anche una serie di soluzioni “reciprocamente vantaggiose” per la condivisione dei costi e dei benefici.

Sempre alle rinnovabili sono dedicati due rapporti, uno sulle aste e l’altro sugli obiettivi al 2020.

Il primo mostra che l’introduzione delle procedure di gara “è stato un chiaro successo per la Ue”, che in questo modo ha ridotto i costi dei sostegni del 4,7% per il solare e del 14% per l’eolico onshore, favorito la diffusione delle Fer e fornito “un solido quadro per il miglioramento tecnologico”.

A questa regola fanno però eccezione alcune aste, come quelle italiane per i piccoli impianti FV che hanno visto viceversa aumentare il costo dei sussidi. E all’Italia è dedicato un “case study” sulle sette procedure svolte tra il 2019 e il 2021, che hanno mostrato un crescente interesse per il FV small-scale (110 MW assegnati nella settima asta vs 8 MW nella prima). Tuttavia, in questa categoria i volumi offerti dal Governo sono stati troppo elevati portando ad assegnazioni inferiori al plafond e, di conseguenza, a prezzi molto vicini al massimo previsto. Nella fattispecie, è emerso un “comportamento adattivo” degli offerenti, che se nella prima asta hanno proposto un ribasso dello 0,4%, nella quinta non sono andati oltre lo 0,01%.

Da una tabella comparativa dei prezzi medi registrati nelle aste 2020 di alcuni Paesi selezionati, si evince che l’Italia è quello in cui si sono avuti i valori più alti sia nel FV che nell’eolico onshore: nel primo caso 91,9 €/MWh per i piccoli impianti e 68,2 €/MWh per i grandi, nel secondo 134,8 e 68,3 €/MWh rispettivamente. La Penisola sconta peraltro la più ampia differenza tra le due categorie (23,7 €/MWh nel solare e 66,5 €/MWh nell’eolico).

Quanto agli obiettivi Fer al 2020, il rapporto conferma che la Ue ha raggiunto il 22,1%, superando perciò l’obiettivo del 20% fissato dalla direttiva Fer del 2009. Tuttavia, ciò si deve al minor consumo energetico dovuto alla pandemia, con il 2019 e 2020 che hanno registrato un aumento medio annuo del 2,2% contro appena lo 0,8% degli altri anni del decennio. Per centrare il target del 45% al 2030 indicato da REPowerEU, si dovrà triplicare il tasso di incremento ad almeno il 2,4%.

La situazione non è migliore sul fronte dell’efficienza, che in base al rapporto dedicato vede anche qui raggiunto il target Ue del 20% al 2020, ma per il “forte aiuto nel 2020 della pandemia”. Tra i 24 Stati Ue per i quali sono disponibili i dati sia sui consumi primari che finali nel periodo 2014-2020, 14 hanno rispettato l’obiettivo vincolante. Tra i 10 chge lo hanno mancato c’è l’Italia, che assieme a Bulgaria, Slovenia e Spagna ha mostrato uno scostamento inferiore al 10%, mentre la Germania sconta una distanza dal target del 12% e 4 Paesi (Cechia, Grecia, Polonia e Portogallo) compresa tra il 25 e il 30%.

Non sarà facile, insomma, raggiungere l’ulteriore risparmio del 13% al 2030 previsto da REPowerEU.

Un altro rapporto dell’esecutivo comunitario riguarda i sussidi energetici, che nel 2020 sono ammontati complessivamente a 173 miliardi di euro: +7% (o 14 mld €) rispetto al 2015, per effetto di un aumento del sostegno alle Fer del 15% a 81 mld € e all’efficienza del 20% a 15 mld €, mentre sono scesi dell’1,5% a 50 mld € i sussidi ai combustibili fossili. I dati preliminari del 2021 indicano un ulteriore aumento dei sussidi ai fossili a seguito della crisi energetica e un calo del sostegno alle Fer.

L’analisi di Bruxelles evidenzia però una situazione molto diversa da Paese a Paese. La Lettonia, ad esempio, ha speso nel 2020 il 2% del Pil in sussidi all’efficienza e lo 0,4% per i fossili e le Fer, mentre l’Italia ha dedicato l’1% alle Fer e lo 0,3% ai fossili, ai quali Cipro ha invece destinato l’1,3% del Pil (e solo lo 0,2% alle Fer).

La Commissione ha infine pubblicato la relazione 2022 sulla competitività nelle tecnologie per l’energia pulita, che dimostra come la Ue sia “all’avanguardia grazie a investimenti in ricerca e innovazione (R&I) in costante crescita”. Tuttavia, bisognerà fare ancora di più per “affrontare le sfide e sfruttare le opportunità offerte” dal settore, che ancora soffre di “barriere strutturali”.

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