«45 anni sotto il segno di Dio»
Clusone in festa per mons. Gualberti

Monsignor Sergio Gualberti, arcivescovo di Santa Cruz in Bolivia, domenica (17 gennaio) ha celebrato il 45° di ordinazione nella Basilica di Clusone, suo paese originario, dove aveva celebrato anche la sua prima messa proprio dopo l’ordinazione del 26 giugno del 1971.

Nato a Clusone l’8 novembre del 1955 e ordinato sacerdote nella Comunità Missionanaria del Paradiso è stato in missione a Neuchâtel in Svizzera e poi in Bolivia. Nel 1999 è stato nominato vescovo ausiliare di Santa Cruz de la Sierra e successivamente nel 2011 arcivescovo coadiutore; il 25 maggio del 2013 è stato nominato da papa Francesco arcivescovo titolare dell’arcidiocesi boliviana.

L’Arcivescovo Gualberti ha festeggiato con la comunità di Clusone, al suo fianco monsignor Giuliano Borlini arciprete di Clusone, Don Martino Campagnoni, Don Remo Duci e un sacerdote in missione in Bolivia con lui.

Nell’omelia Monsignor Gualberti ha raccontato il suo cammino: «45 anni fa celebravo la mia prima messa proprio qui, in questa Basilica e oggi sono qui a festeggiare con voi, nella mia prima omelia dicevo che volevo essere un “fratello tra i fratelli”, proposito che spero di aver mantenuto. Voglio riassumere questo mio cammino con alcune semplici parole. Sono stati 45 anni sotto il segno della “Grazia di Dio”, il sacerdozio è stato per me un dono, non è stata una mia iniziativa, Dio mi ha chiamato e io ho risposto cercando di vivere al meglio. Il mio motto da Vescovo è “ti basta la mia Grazia”, Dio deve risplendere attraverso il nostro servizio, noi dobbiamo rivelare la sua Grazia e la sua Misericordia. Sono stato “Servitore di Dio”, di Gesù Cristo, del Vangelo. Sono stato “cappellano” degli emigranti in Svizzera, a Neuchâtel. Lì ho vissuto cosa vuol dire vivere lontano da casa ed essere considerato uno straniero. Oggi nella giornata Mondiale dei migranti e rifugiati ricordiamo cosa ha detto Papa Francesco, che i migranti ci interpellano e che noi dobbiamo rispondere con misericordia; noi non possiamo essere indifferenti - continua - Per 36 anni sono stato in Bolivia di cui 20 a La Paz e 16 a Santa Cruz, essere missionario significa vivere con il popolo, con i poveri e assumere il loro stile di vita, austero, povero. In questi anni sento di aver ricevuto tanto da loro, più di quello che ho dato, la gente in Bolivia ha un grande senso di solidarietà e di Fiducia in Dio».

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