Doccia fredda
La ripresa non c’è

Ma quando arriva la ripresa? L’aspettavamo per quest’anno, e invece, secondo l’Istat, nel secondo trimestre il Prodotto interno lordo italiano è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente, aumentando un misero 0,7 per cento nei confronti del secondo trimestre del 2015. Un giro di boa con la calma piatta. Non che gli altri Paesi dell’Occidente stiano meglio. Nello stesso periodo, ricorda sempre l’Istat, il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6 per cento nel Regno Unito e dello 0,3 per cento negli Stati Uniti, mentre ha segnato una variazione nulla in Francia.

Nel frattempo l’Italia ha raggiunto un nuovo record del debito pubblico. Questo ci costerà in termini di interessi, che andranno a gravare sul bilancio. A giugno, rileva la Banca d’Italia, il debito delle amministrazioni pubbliche si è attestato a 2.248,8 miliardi di euro, in aumento di 70 miliardi rispetto a maggio. Il Tesoro si affretta a dire che i «conti sono sotto controllo» ma intanto il Pil resta quasi fermo a fronte di questo nuovo aumento del debito. Significa che il gettito fiscale diminuirà e con esso le risorse a disposizione del bilancio pubblico. Ne sconteremo gli effetti con la Legge di Stabilità, al di là delle promesse e dei progetti che si sentono in questi giorni.

Purtroppo scontiamo quello che gli economisti chiamano fattori «esogeni»: la crisi dei migranti, Brexit, la minaccia del terrorismo. Non è un caso che i dati del nostro export non siano incoraggianti: nel mondo globale, il mondo «tutto attaccato» dove un battito d’ali si percepisce immediatamente a diecimila chilometri di distanza, le crisi dei Paesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e del Medio Oriente si riflettono immediatamente sulle nostre esportazioni. Se questi Paesi vanno in crisi comprano meno i nostri prodotti: la pace è una delle condizioni essenziali per il benessere economico, a parte i produttori di armi e pochi altri settori. Solo l’Europa, in particolare Germania e Francia, continua a fare da volano alla vendita dei nostri prodotti.

Sul piano della domanda interna invece le notizie non sono buone. Smarrita dall’ottovolante delle Borse, dalle notizie di terrorismo, dalla crisi del sistema bancario, dal lavoro che cresce ma non abbastanza, la gente si trincera nei risparmi e non spende. Il risultato è che siamo in deflazione, ovvero, i prezzi continuano a scendere e i consumi non ripartono. E se i consumi non ripartono, la produzione cala.

Tutto questo si rifletterà sulla ripresa d’autunno e sulla politica economica e finanziaria del governo, poiché necessariamente verranno a mancare molte risorse. La crisi delle aziende del credito in tutto questo non aiuta. Pare inoltre affievolirsi l’effetto del famoso «bazooka» di Mario Draghi, l’acquisto dei titoli di Stato attraverso il mercato secondario con la relativa immissione di denaro a vantaggio delle banche e quindi dei prestiti a famiglie e imprese. Oltretutto il cosiddetto Quantitative Easing non ha fermato nemmeno la deflazione. Serviva un’espansione del credito che finora non c’è. Insomma, pare proprio la tempesta perfetta. Perdiamo slancio, ci vorrebbe una scossa che non arriva. Possiamo consolarci con il boom del turismo, grazie anche all’inasprirsi della situazione sociale in molte zone del bacino del Mediterraneo, dalla Turchia alla Tunisia. Il risultato è che per Ferragosto, da Sciacca a Jesolo, non c’è neppure un lettino libero e si annuncia il bis del grande boom dello scorso anno sulle spiagge italiane.

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