Il tributo di Genova ai Vigili del fuoco
I bergamaschi: grazie, ma non siamo eroi

Molti soccorritori hanno continuato a lavorare durante i funerali di Stato di stamattina, per altri l’emozione del lungo applauso in chiesa per il loro lavoro.

La città ha scelto i suoi eroi, quegli uomini con la divisa verde e le bande gialle, sporca di fango e sudore, e gli ha concesso il premio più bello, un minuto e mezzo di applausi che venivano dal cuore. Il tributo che Genova ha reso ai Vigili del Fuoco è qualcosa che va ben oltre il semplice «grazie» di una comunità ferita a chi non si è risparmiato per lei: è il riconoscimento a uomini e donne che pur di salvare vite non hanno mai guardato allo stipendio, ai turni massacranti, alla polvere respirata sulle macerie dell’Italia che crolla.

Se ne sono accorti anche loro, forse davvero per la prima volta, anche se tutto si sentono meno che superuomini. «Noi quegli applausi non li abbiamo sentiti, eravamo sotto quel ponte e stavamo cercando Mirko, lo avevamo promesso ai genitori – dice Peter Rasman, Urban search and rescue della Lombardia che assieme ad altri 340 vigili ha passato le ultime cento ore su quelle macerie –. Ci fanno piacere, è indubbio, ma non siamo eroi, gli eroi sono i pompieri che muoiono, noi facciamo solo il nostro lavoro». Che è il «lavoro più bello del mondo» aggiunge Stanislao Liuzzi, del comando di Bergamo. «Ma deve essere una scelta di vita, perché provoca emozioni fortissime». Lui era uno di quelli che stamattina c’era in Fiera quando è partito l’applauso, assieme a Salvatore Di Carlo. «Eroe? - dice quest’ultimo - è una parola che ci va stretta. Passiamo la vita ad informarci, prepararci, studiare per essere pronti in occasioni come queste. E oggi, dopo una settimana passata tra le macerie in cui non abbiamo realizzato quello che era successo, abbiamo capito che forse avevamo fatto qualcosa di importante».

Lo pensa sicuramente il capo del Dipartimento, il prefetto Bruno Frattasi. «Questo per noi è un riconoscimento importantissimo, quando sono entrato mi sono emozionato e ho percepito che anche gli altri vigili facevano fatica a nascondere quel che provavano. Grazie ai genovesi per questo abbraccio, ci stringiamo a loro e a tutti gli italiani, perché questa è una tragedia nazionale che colpisce tutti». «In 38 anni che faccio il pompiere - aggiunge il capo del Corpo, l’ingegner Gioacchino Giomi - non mi era mai capitata una cosa simile. Mi ha lasciato un’emozione che ci ripaga di tutti gli sforzi che facciamo. In queste cento ore abbiamo dato tutto quello che avevamo e anche di più».

La forza dei vigili del fuoco è lo spirito di gruppo. Nessuno da solo può far nulla. «È stato un lavoro di squadra - conferma Dionisio Stacchetti anche lui Usar della Lombardia - Cosa mi porterò dietro? Le dimensioni di questa tragedia. Questa è una Rigopiano col cemento al posto della neve, è una di quelle cose che non pensi possano accadere». Anche Peter, che il primo ricordo da pompiere ce l’ha quando era all’asilo e la maestra gli chiese cosa voleva fare da grande, si porta via qualcosa. «La pioggia sulla scritta Vigili del fuoco, appena dopo aver ritrovato il corpo di Mirko. Come se qualcuno lassù volesse piangere per le vittime».

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