«In Lombardia contagi già a gennaio»
«Curva in discesa, ma battaglia non vinta»

Al Nord e in Lombardia l’epidemia «è partita molto prima, di sicuro a gennaio e forse anche prima». Il dato è emerso alla conferenza stampa all’Istituto superiore di sanità sull’andamento epidemiologico di Covid-19.

«La curva si è piegata, possiamo guardare con fiducia al futuro, ma con cautela. Il virus circola ancora, guai a pensare che la battaglia sia vinta». Lo ha sottolineato nella mattinata di venerdì 24 aprile il ministro della Salute Roberto Speranza all’inaugurazione dell’Edificio Alto Isolamento dell’Istituto Spallanzani di Roma. E il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, nella consueta conferenza stampa, lo ha confermato: «La situazione epidemiologica è nettamente migliorata», il numero dei casi di Covid «si sta riducendo dappertutto», con l’indice di contagio sceso a 0,2-0,7, ma è ancora necessaria «prudenza» nelle misure di riapertura: «Senza cautela l’R0 può risalire in due settimane, anche meno».

«Ci sono volute due settimane di lockdown per arrivare a un R0 sotto soglia - ha aggiunto Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler durante la conferenza stampa all’Iss -, al 6 aprile è tutto quasi sotto soglia, ma non c’è un margine enorme, i guai possono tornare, non siamo ancora in una situazione di sicurezza».

Il numero dei casi di Covid-19 «si sta riducendo dappertutto, ma è ancora necessaria prudenza rispetto alle misure di riapertura perché la situazione è diversificata nel Paese». Lo ha affermato Brusaferro. La maggiore concentrazione dei casi «si ha nelle Rsa, a livello familiare e al lavoro». Inoltre, ad aprile, ha detto, «sono aumentati i casi tra le donne». Su circa 4.500 casi notificati tra l’1 e il 23 aprile, il 44% delle infezioni si è verificato in una Rsa, il 24,7% in ambito familiare, il 10,8% in ospedale o ambulatorio e il 4,2% sul luogo di lavoro. È quanto emerge dai risultati preliminari di uno studio Iss sulle fonti di contagio in lockdown, presentati in conferenza stampa.

«È chiaro a tutti che un Paese non può reggere un lockdown più di due mesi, poi sarà la politica a decidere. È chiaro che più si abbassa la curva più c’è margine di una ripresa, si riaprano alcune attività, ma bisogna mantenere molto alta la soglia di attenzione e le misure di distanziamento sociale». Lo ha detto Gianni Rezza, epidemiologo, nel corso della conferenza stampa dell’Istituto Superiore di Sanità. «Oltre alla diminuzione dei casi c’è anche un aumento dei posti in terapia intensiva, c’è più preparazione a rispondere ad una nuova emergenza - ha aggiunto Rezza -, se ci sarà anche un’app a sostenere le misure sul territorio ancora meglio».

«Ripresa del campionato di calcio? È impensabile riprendere alcune attività durante il lockdown, poi la riapertura è una decisione politica, dal punto di vista tecnico posso dire che il calcio, come altri sport, comporta un contatto diretto tra persone. C’è la necessità di controlli molto stretti su un numero di persone molto ampie, ci sono 22 giocatori in campo e intorno un numero di 200 persone. I controlli che si dovrebbero fare, a carico delle squadre o della Figc, dovrebbero essere fatti a scadenze molto strette». Sono sempre di Rezza che ha continuato così: «Ho sentito parlare di un tampone ogni 4 giorni, poi i giocatori dovrebbero essere isolati per ridurre al minimo il rischio di trasmissione. Credo sia una decisione difficile, che non ci sia il rischio 0 come in altre attività e in questo caso c’è anche un contatto fisico. Comunque il Cts non ha ancora affrontato il problema».

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