Tutta la Lombardia è «zona rossa»
Spostamenti limitati in entrata e uscita

Tutta la Lombardia è «zona rossa». Fino al 3 aprile i cittadini devono «evitare in modo assoluto» gli spostamenti «in entrata e in uscita, nonché all’interno dei territori», se non motivati da «indifferibili esigenze lavorative o situazioni di emergenza».

È il punto numero uno contenuto nella bozza del decreto emergenziale studiato dal governo per cercare di limitare il contagio del coronavirus nelle regioni più colpite. Oltre alla Lombardia, i provvedimenti restrittivi riguardano anche le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti e Alessandria. Per la Lombardia e per la provincia di Bergamo non si tratta di una rivoluzione rispetto alle misure già in vigore nelle ultime due settimane.

Gran parte dei punti infatti ricalcano le prescrizioni già adottate nei territori più colpiti, come la Bergamasca, dove nella giornata di ieri sono stati raggiunti i 761 contagi, 138 in più rispetto a venerdì. Nella serata di ieri era atteso il via libera definitivo all’avvio della zona rossa nei Comuni di Alzano Lombardo e Nembro, ma il testo finale ha preso in considerazione solo l’intera Regione, non i singoli territori che aspettavano risposte certe dopo l’attesa degli ultimi giorni.

Il decreto conferma la chiusura di tutte le scuole fino al prossimo 3 aprile. Lo stop vale per tutte «le scuole di ogni ordine e grado», compresa la «formazione superiore, le Università, corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani». Sono consentite le «attività formative a distanza» mentre «è da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa». E così come le scuole si fermerà anche lo sport. Il decreto infatti prevede la sospensione di tutti «gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati». Resta consentito lo svolgimento «eventi e competizioni, delle sedute di allenamento degli atleti agonisti all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse». Lo sport di base e le attività motorie in genere, svolte all’aperto, sono ammessi «esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro». Dopo le polemiche di ieri in seguito alle foto che immortalavano code di sciatori in attesa delle seggiovie, è stata decisa la chiusura di tutti gli impianti nei comprensori sciistici. Come nelle ultime due settimane, inoltre, «sono sospese le attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali (fatta eccezione per l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza), centri culturali, centri sociali, centri ricreativi». Al contrario del mezzo dietrofront di una settimana fa dopo la prima settimana di chiusura, viene confermato lo stop fino al 3 aprile a «musei e altri istituti e luoghi della cultura».

Per evitare qualsiasi tipo di assembramento «sono sospese tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d’esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche». Per quanto riguarda le cerimonie religiose, l’apertura delle chiese e degli altri luoghi di culto è possibile solo garantendo misure organizzative per evitare gli assembramenti e soprattutto «garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro». Sono «sospese le cerimonie civili e religiose, comprese quelle funebri». Nonostante la richiesta di misure ancora più drastiche, il decreto non fa un passo in più sul fronte dei locali. Le attività di ristorazione e dei bar sono consentite dalle 6 alle 18 «con obbligo, a carico del gestore, di far rispettare la distanza di sicurezza di almeno un metro, con sanzione della sospensione dell’attività in caso di violazione. In presenza di condizioni strutturali o organizzative che non consentano il rispetto della distanza di sicurezza di un metro, le richiamate strutture dovranno essere chiuse». I centri commerciali e i mercati dovranno rimanere chiusi nelle giornate di sabato e domenica, mentre nei giorni feriali deve essere sempre rispettata la distanza di sicurezza. La chiusura però non è disposta per «farmacie, parafarmacie e punti vendita di generi alimentari».

L’impatto sul mondo del lavoro, in tutti i settori, è significativo. Il testo infatti contiene la raccomandazione «ai datori di lavoro pubblici e privati di anticipare, durante il periodo di efficacia del decreto, la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario o di ferie». Inoltre «sono adottate in tutti i casi possibili, nello svolgimento di incontri o riunioni, modalità di collegamento da remoto con particolare riferimento a strutture sanitarie e sociosanitarie, servizi di pubblica utilità e coordinamenti attivati nell’ambito dell’emergenza Covid-19». L’emergenza sanitaria impone anche la sospensione di tutti «i congedi ordinari del personale sanitario e tecnico, nonché del personale le cui attività siano necessarie a gestire le attività richieste dalle unità di crisi costituite a livello regionale». Come già previsto in Bergamasca, «l’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungodegenza, residenze sanitarie assistite (Rsa), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura», quindi con le regole già in vigore. L’esecuzione e il monitoraggio delle misure deve essere garantito dal prefetto. Che, «ove occorra, si avvale delle forze di polizia, con il possibile concorso del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché delle forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali, dandone comunicazione al Presidente della regione e della provincia autonoma interessata».La nuova zona rossa regionale basterà a fermare il contagio? Solo il tempo potrà dare una risposta. La certezza è che, nell’impossibilità di controllare misure così ad ampio raggio, tutto dipende dal senso di responsabilità dei cittadini.

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