Bergamo dimentica Pedrolino
Roma lo riporta sul palcoscenico

Bergamo dimentica Pedrolino, ma un attore pugliese lo toglie dall'oblìo e lo riporta in scena. Strano destino quello della maschera orobica, comune a quello di Brighella di cui si sono pure perse le tracce. Pedrolino (Pedrulì), uno degli Zanni, il servo con l'abito bianco, pronto ad intessere imbrogli da districare con abilità, facendo bella figura davanti al proprio padrone, il personaggio da cui discende nientemeno che Pierrot è tornato sul palco, in carne ed ossa, grazie a Gabriele Guarino, 28enne di origini pugliese, trapiantato a Roma.

Doppia laurea alla Sapienza di Roma (Arti e Scienze dello Spettacolo; Saperi e Tecniche dello Spettacolo), Guarino da anni si occupa di Pedrolino, che interpreta e al quale ha dedicato lo spettacolo “Le fatiche di Pedrolino”, la tesi di laurea “Pedrolino, i misteri di una maschera”, primo contributo specifico nella storia del teatro su questo personaggio, oltre a un saggio del libro “Il tallone di Minerva” di Simone Moglioni (Ed. Romane Universitarie). “Pedrolino è la maschera che interpreto nei miei spettacoli – dice Guarino - e che sto cercando di riportare in auge, perchè ha un carattere storico molto importante sia per la storia del teatro, sia per la storia delle maschere. Ho difeso e continuo a difendere strenuamente l'ipotesi che Pedrolino, antesignano di Pierrot, possa aver avuto almeno all'inizio della sua comparsa, origini bergamasche, arrivando quasi anche ad argomentare con le ipotesi di un mostro sacro della storia del teatro come Siro Ferrone, che invece asserisce che egli sia ferrarese. La mia tesi cerca di approfondire la questione. Sento che devo fare di tutto per rendere giustizia a questa maschera e farla conoscere il più possibile”.

Pedrolino era principalmente uno Zanni, ma il primo attore che lo ha portato in scena – secondo Guarino – è stato Giovanni Pellesini, un attore di Reggio Emilia. La tesi di Guarino tenta di ricostruire gli anni misteriosi prima della comparsa di Pedrolino, per poi calare questo mistero nella sua attività ambigua di comico, divisa tra gli oneri della compagnia e le scritture individuali; in preda come gli altri alle difficoltà interne ed esterne delle compagnie di quegli anni, dal suo ruolo di capocomico, ai rapporti con gli organi di potere, fino a quelli con i suoi stessi compagni e colleghi.

Quanto alla tradizione che fa discendere Pierrot da Pedrolino, già Remo Melloni, bolognese fra i massimi esperti e studiosi della Commedia dell'Arte, si è espresso in tal senso affermando che la maschera francese ha origini bergamasche ed è stata una tra le maschere più famose adottate dai grandi burattinai. Poichè la Commedia dell'Arte è nata in Italia, ma avuto il suo vero trionfo a Parigi e in Europa e in un certo periodo c'è stata una fuga di comici italiani verso l'estero, Pedrolino – secondo Melloni - non poteva che trasformarsi in un nome francese: Pierrot. Noto è il pensiero di Maurice Sand, figlio di George Sand, allievo di Delacroix, celebre incisore dell'Ottocento, secondo il quale il mimus albus, prototipo del futuro Pierrot, ebbe origine a Bergamo Alta.

Di Sand ci rimane una notevole iconografia di tali maschere. Amedeo Pieragostini (Mirando Haz), incisore bergamasco, al tema ha dedicato numerose sue opere, che hanno impressionato persino Jean Louis Barrault. A sostenere la tesi del Pierrot bergamasco ci sono i versi di Albert Giraud che nel Pierrot lunaire parla di un dandy bergamasco, di un «cousin de Bergame» (cugino di Bergamo), di un Pierrot di Bergamo che si annoia e del profumo «vaporizzato» della nostra città. Per Alberto Castoldi, francesista, già rettore dell'Università di Bergamo si tratta invece di pura invenzione. Il giallo di Pedrolino-Pierrot insomma resta, ma ancor più misterioso è il fatto che Bergamo dalla memoria corta continua a lasciare nel dimenticatoio una sua maschera. Che ci invidiano in fondo allo Stivale.

Emanuele Roncalli

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