Mannoia, pieno d'applausi
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Fiorella dei cantautori ha spogliato le canzoni, ha rinunciato al clic e all'elettronica per riconquistare il piacere del suono acustico e degli strumenti tradizionali, archi, percussioni, pianoforte, chitarre. Il Creberg, quasi esaurito per l'occasione, la saluta con un lungo applauso e lei risponde con la prima canzone in programma Le tue parole fanno male di Cesare Cremonini, cantautore giovane, di magnifica virtù. È l'inizio di un recital sobrio, elegante, come si conviene ad una signora della canzone.

Abito scuro, capelli rosso tiziano, la Mannoia ha allestito un concerto in perfetto equilibrio tra i classici dei cantautori che ha amato di più e i giovani i cui brani abitano l'ultimo disco Ho imparato a sognare. Per entrare in sintonia con il pubblico Cercami di Renato Zero finisce asciugata da ogni drammaticità, coi Negrita il discorso è diverso, altrettanto intrigante. Il bello di Fiorella sta anche in questo, nell'abilità di mettere in sintonia pezzi che hanno fatto la storia del cantautorato italiano con altri che provano a dare ad essa continuità.

Da una parte la solitudine sottile di Lunaspina, del più assiduo compagno di viaggio Ivano Fossati, o Sally di Vasco Rossi, dall'altra Estate dei Negramaro, forse troppo acrobatica per i suoi registri. La paura non esiste viaggia sul codice stilistico di Tiziano Ferro, ma Fiorella riesce a far sua la canzone con la stessa classe che mette nell'interpretare Sempre e per sempre di De Gregori. In scaletta c'è anche una parentesi «politica», accompagnata dall'esortazione a non rassegnarsi mai, mentre scorrono Apri la bocca (e fai fuoco), Oh che sarà sul fronte sociale, I treni a vapore, Pescatore, quest'ultima tanto per ricordare la buonanima di Pierangelo Bertoli. La cantante romana non risparmia frecciate ai tempi che corrono e a quest'Italia che imbarbarisce di giorno in giorno. Ma anche quando le parole si vestono di legittima collera, Fiorella mantiene adeguato equilibrio.

In concerto si muove sinuosa tra i suoi musicisti, lascia che gli archi avvolgano le melodie, il piano le sottolinei; soprattutto lascia che la sua voce sicura faccia il resto, scandendo parole, respiri, emozioni. La scelta degli strumenti tradizionali mette in primo piano la vocalità, ma è rischio e fatica che la Mannoia affronta con assoluta tranquillità, nelle pieghe di un recital che assume un valore particolare anche per questo. Bel concerto, bel repertorio, buone interpretazioni. Fiorella da tempo ci ha abituato a questo. Nulla è lasciato al caso nel suo cammino artistico di questi anni e la dimostrazione è nei dischi, nei concerti, nelle scelte artistiche ponderate con misura. Il finale dello spettacolo ruba suggestioni al miglior Conte, Via con me, laddove Quello che le donne non dicono suona perfetta anche in dimensione elettro-acustica. Il cielo d'Irlanda è capriccioso come la chioma fulva di questa cantante elegante e sensibile, capace di mettere in fila tante emozioni e mandare in visibilio il pubblico.

Ugo Bacci

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