Sabato 17 Luglio 2010
La stella di Keith Jarrett
ha brillato nel cielo di Bergamo

Keith Jarrett è tra questi pochi, e delle stelle d'oggi ha anche acquisito vizi e virtù. Così ogni sua performance, com'è noto, è preceduta da una buona dose di ansie e incertezze: anche ieri sera non è mancato il brivido, quando il pianista ha cancellato il secondo bis a causa di un flash.
Così nella struttura monumentale dell'antico Lazzaretto di Bergamo, davanti a circa duemila persone, l'attesa è stata spasmodica per ammirare dopo tanti anni il pianista di Allentown in compagnia di una ritmica che gli si è modellata addosso in quasi trent'anni di trio jazz.
Superate grado dopo grado le molte tappe che separavano i tre musicisti dalla platea riunita sul manto erboso, le premesse sono parse buone sin dal sound check, con un Jarrett a torso nudo che si è dilettato in duo con Jack DeJohnette a parti invertite: lui alla batteria, replicando la performance offerta fuori programma, dopo il concerto del 1973 al Teatro Donizetti, in una jam session all'Hotel Moderno, e DeJohnette al pianoforte che, da sempre, accanto a pelli e cimbali, è anche suo strumento.
E così, sotto i migliori auspici, Jarrett ha finalmente salutato, con qualche minuto di ritardo, il proprio pubblico. Ha «preso il ritmo», con Gershwin, regalando un attacco ellittico e delizioso e soggiogando i presenti, dapprima intimoriti dalla nota irascibilità dell'artista verso ogni ponderabile e imponderabile elemento di disturbo, poi via via immersi in un ascolto totalizzante che ha zittito la città, scomparsa oltre i colonnati del Lazzaretto.
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a.ceresoli
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