Steve Winwood agli Arcimboldi
Torna l'eterno ragazzo prodigio

Quanti musicisti ancora in vita possono vantare capolavori? Abbastanza. Ma Steve Winwood può metterci un più, o una lode, perché eccelle tra gli eccellenti. La sua vita artistica è essa stessa un capolavoro (magari solo un po' appannata nei sintetici anni Ottanta, quando nelle radio impazzava la sua «While You See A Chance»). Sabato 2 ottobre lo riascolteremo al Teatro degli Arcimboldi di Milano (accompagnato da Tim Cansfeild alla chitarra, Paul Booth al sax, Davide Giovannini alla batteria e Satin Singe alle percussioni) con il ricordo ancora vivo dell'applaudito concerto allo Smeraldo nel luglio del 2004.

Il ragazzo prodigio di Birmingham oggi ha 62 anni, sfoglia un repertorio di quasi cinquant'anni ed è sempre, regolarmente, tra i più richiesti dalle star in tournée: l'anno scorso al fianco di Eric Clapton (ne è nato «Live From Madison Square Garden», due nomination ai Grammy Award) - cui è legatissimo e con il quale nel 1969 fondò il primo supergruppo rock della storia, i Blind Faith, in cui militavano campioni del rango di Ginger Baker alla batteria e di Ric Grech al basso - quest'estate insieme a Carlos Santana.

Lo chiamano ragazzo prodigio perché a soli 16 anni si impone nello Spencer Davis Group e scuote la Swinging London con la sua voce dal timbro nero soul-blues (che gli consentirà di raggiungere, primo artista bianco, i vertici della classifica black) e con il suo organo Hammond che tuttora distingue la sua musica più degli altri strumenti che sa suonare, la chitarra soprattutto. È di quegli anni il primo grande successo internazionale della sua lunga storia: l'avete sentito (e magari canticchiato) un sacco di volte, interpretato soprattutto dai Blues Brothers nell'omonimo film del 1980, ma molti di voi non sanno che l'ha scritto Winwood a 17 anni. Stiamo parlando di «Gimme Some Lovin'», che spesso chiude la scaletta dei suoi spettacoli o viene proposto nei bis.

Eppure quella canzone rappresenta un capitolo ormai lontano, persino primordiale, della carriera di Winwood che nel tempo ha esplorato e combinato con personalità e originalità i generi musicali: blues, rhythm and blues, folk, rock, jazz. Le opere migliori sono legate ai Traffic, la band che il fuoriclasse inglese fondò nel 1967 insieme agli altrettanto giovani e talentuosi Chris Wood (sax e flauto), Jim Capaldi (batteria e percussioni varie) e Dave Mason (chitarra, mellotron e una sfilza di altri strumenti). Con i Traffic, Winwood ispirò certa psichedelia dei Pink Floyd successivi (quelli degli anni Settanta) e cucinò un progressive moderno ancora oggi (a differenza di certe produzioni ormai datatissime di altri complessi dell'epoca), speziato di soul, di jazz, di world music.

Se in «Gimme Some Lovin'» pulsava la fresca gioventù di Stephen Lawrence (il suo vero nome di battesimo), l'apice della maturità è racchiuso in quella pietra miliare («disco fondamentale» lo definiscono i critici di lungo corso) che si chiama «John Barleycorn Must Die» (1970), album epico e imperiale dal primo all'ultimo brano e dal quale inevitabilmente attinge ancora oggi per i momenti cruciali dei suoi concerti. «Freedom Rider» (fantastico il flauto di Wood) ed «Empty Pages» vengono spesso citati come i capolavori della track list, a noi piace puntare l'orecchio su «Glad» e su «John Barleycorn (Must Die)» che, senza la parentesi, dà il titolo all'album. Due pezzi così diversi e così unici.

La jazzata «Glad», spettacolare dialogo tra il pianoforte di Winwood e il sax di Wood, è amata da almeno due generazioni: da quella che l'ascoltava nella sigla radiofonica della Rai di «Per voi giovani» a quella che la ritrovava in apertura del programma televisivo (sempre Rai) del 1981 «Mister Fantasy» (guarda caso dal titolo di un'altra canzone dei Traffic). Minimo comun denominatore la presenza in entrambe le trasmissioni del conduttore Carlo Massarini, che era innamorato di Winwood e ci si poteva fidare perché ha girato il mondo e ha ascoltato tutto (se avete un po' di soldi da spendere leggete e guardate il suo volumone «Dear Mister Fantasy» uscito l'anno scorso, in cui racconta e documenta la sua vita tra platea e backstage, con dedica in calce firmata proprio Steve Winwood).

«John Barleycorn (Must Die)» - tra le più arpeggiate anche dai ragazzi italiani (quelli bravi, perché non è facile facile) sulle scale del liceo quando c'era qualche occupazione – riprende un traditional del XVII secolo e, impersonificando in «little Sir John» lo spirito del grano e di conseguenza del whisky (come già fece Jack London nel suo bellissimo romanzo «John Barleycorn»), sviluppa con una ballata in crescendo l'allegoria del raccolto, della morte e della vita che rinasce. Un brano da pelle d'oca.

Winwood è un maestro di emozioni. Per questo tutti lo vogliono. La sua vita, soprattutto in studio prima ancora che sul palcoscenico, è costellata di chicche. Basta passare in rassegna le collaborazioni illustri. Chi suona l'Hammond in «Voodoo Chile» del mitico «Electric Ladyland», l'album più avanti di Jimi Hendrix? Steve Winwood, of course. Una cantilena che dovremmo ripetere per il prezioso contributo dato a Joe Cocker («With A Little Help From My Friends»), a Lou Reed («Berlin»), a George Harrison, Tina Turner, David Gilmour, Billy Joel, James Brown, Phil Collins, Paul Weller, Cristina Aguilera, Tito Puente, Muddy Waters, The Who, John Martyn, Tom Petty, John Mayall, Mike Oldfield, Sandy Danny, e i compagni dell'avventura di «Go» (1976), pagina isolata della sua carriera solista: Stomu Yamashta, Al Di Meola, Michael Shrieve e Klaus Shulze.

La lista (e la crema) non finirebbe qui ma ci diamo un taglio noi. Accomodati nel teatro milanese, un gioiello dall'acustica perfetta, passiamo la voce al caro signor Fantasia. Per stupirci ancora.

Orario e biglietti
Il concerto che Steve Winwood terrà sabato 2 ottobre al Teatro degli Arcimboldi di Milano (viale Dell'Innovazione 1), tappa di un tour europeo che il giorno dopo toccherà Roma, inizia alle 21. I cancelli aprono alle 19. Biglietti da 36, 45, 50 e 60 euro più diritti di prevendita. Organizza Live Nation. Informazioni su www.livenation.it oppure [email protected].

Ascolta «Glad» sul link http://www.youtube.com/watch?v=OxxXKRLpumU&feature=related

Andrea Benigni

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