I magnifici bergamaschi del '900
Oggi i «ritratti» di Umberto Zanetti

Decine di volti, di sguardi, di modi di camminare, di modi di vestire. Scomparsi, svaniti, dissolti nel tempo. Come la nebbia. Volti di persone che un tempo hanno percorso le vie di questa città, della nostra città. Nomi. Martino Vitali. Davide Cugini. Sereno Locatelli Milesi. Vincenzo Montanari. Carlo Traini. E tanti altri. Chi erano? Li ricorda questo pomeriggio Umberto Zanetti, poeta, esperto di cultura locale, nella sala Galmozzi di via Tasso, alle cinque e mezza. Una conversazione che rientra fra quelle proposte dall'Ateneo sul tema: «La città invisibile».

Spiega Zanetti: «La città invisibile è nelle case, nelle vie, nelle vecchie contrade e e nei borghi storici. Ma esiste un'altra città, quella degli uomini invisibili, quelli che hanno camminato in queste strade e che non ci sono più. Gente normale, che non è entrata nei libri di storia».

Zanetti racconta una cinquantina di personaggi, molti di questi oggi sono dimenticati. Zanetti spiega: «Vero, ma erano comunque importanti, in qualche modo influenzavano il carattere stesso della città. E allo stesso tempo ne erano influenzati in una relazione stretta, intima. Parliamo dei giornalisti. Monsignor Andrea Spada, il mitico direttore de L'Eco lo ricordano ancora in tanti. Ma Gabriele Carrara, per esempio? O Alberico Sala o Nino Filippini Fantoni? Gabriele Carrara fu un giornalista de L'Eco negli Anni Trenta, venne arrestato dai fascisti. Lo incontrai molti anni dopo, naturalmente, e mi raccontò che venne condannato al confino per avere espresso un giudizio in libertà sul fascismo e sul suo duce conversando con tre o quattro coetanei sul sagrato della chiesa di Sedrina. Fra di loro ci fu la spia». 

«Alberico Sala fu un poeta molto conosciuto. Filippini Fantoni scriveva di musica lirica come nessun altro, era amico di cantanti lirici e direttori di orchestra. Ed era un appassionato di ciclismo, aveva seguito per i giornali il Tour de France, persino la Vuelta, in Spagna. Dimenticava sempre il cappello al caffè del Balzer. Una volta un cameriere gli porse un sacco: c'erano dentro dieci cappelli, erano tutti suoi».

Leggi di più su L'Eco in edicola mercoledì 13 settembre

© RIPRODUZIONE RISERVATA