Leroy racconta Leonardo da Vinci
nel documentario firmato Bergamo

Chi era Leonardo? Oltre a essere un grande pittore, inventore e scienziato, in una parola un genio? «Ne cerchiamo l'identità, quello che lui in tutte le sue straordinarie opere ha cercato di fare per tutta la vita», sottolinea Salvatore Nocita, parlando del nuovo film documentario Leonardo chi?, che è stato presentato in anteprima al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. Selezionato dal Festival internazionale del film di Roma (28 ottobre-5 novembre), ha un cuore bergamasco: i produttori anche esecutivi sono Nicola Salvi ed Elisabetta Sola di Officina della Comunicazione, piccola realtà in crescita (alle spalle i film di successo Giovanni XXIII. Il pensiero e la memoria e Antonio Ligabue. Fiction e realtà).

«Le scelte decisive per Leonardo chi?, compiute col maestro Nocita, affiancato alla regia dal bergamasco Marco Marcassoli, sono avvenute nel nostro studio di Bergamo – commenta Salvi –. E poi qui gli incontri del maestro con Roby Facchinetti, autore della colonna sonora». «È un grande onore inserirmi in questo progetto unico – commenta Facchinetti presente alla proiezione –. Credo d'aver creato suggestioni adatte a questo genio». Si tratta di un film «corale – precisa Elisabetta Sola – fatto di partecipazioni pubbliche e private».

Coproduttori, Rai Trade e un'altra bella realtà bergamasca, Minitalia Leolandia Park: «Ci siamo innamorati del progetto – spiega Massimiliano Freddi, direttore della comunicazione di Minitalia Leolandia –. Il nostro parco si ispira a Leonardo, e il museo a lui dedicato è una delle location del film». Sostenuto anche dalla Regione Lombardia, il documentario dà risalto agli anni milanesi al servizio di Ludovico Sforza. Il narratore è Philippe Leroy, volto di Leonardo nello sceneggiato televisivo di Renato Castellani, Vita di Leonardo da Vinci.

L'attore francese dice: «Mi fa uno strano effetto vedere la mia interpretazione d'allora. Avevo quarant'anni. Ora Leonardo mi ha preso per l'orecchio ancora e mi ha detto di seguirlo. Lui mi insegna l'importanza dell'osservazione anche per il mio lavoro». Il film, che passerà su Raiuno entro fine anno, si serve di estratti del lavoro di Castellani: illustrano la vicenda umana e artistica del genio fiorentino, in un gioco di doppio narrativo, Leroy-Leonardo ieri e Leroy che tiene le fila del racconto oggi. Il Museo della Scienza e la Biblioteca Ambrosiana, che custodisce il Codice Atlantico, tra le principali location del film, costruito su contributi di esperti che forniscono interpretazioni su «quest'uomo di tutti i tempi e dell'infinità».

Spiega Nocita: «All'inizio non ero entusiasta: Leonardo mi era un po'antipatico, come tutti i geni. Allora ho pensato di chiedere aiuto a esponenti delle scienze e del mondo dell'arte, perché fossero loro a spiegarlo». Vittorio Sgarbi analizza i tre capolavori pittorici nati a Milano: La vergine delle rocce, Il ritratto di Cecilia Gallerani, la cosiddetta Dama dell'Ermellino, e L'ultima cena. Edoardo Boncinelli, Margherita Hack, Vittorino Andreoli, Giulio Giorello, Mario Botta, Valerio Massimo Manfredi tentano di definire questo insuperabile indagatore del mondo. Contributi anche di Fiorenzo Galli, direttore del Museo della Scienza e quello autorevolissimo di Pietro Marani (tra i massimi studiosi di Leonardo). Per Giorello è «un grande bricoleur della filosofia, ma non viene usato dalla filosofia». Per Andreoli, «l'uomo più di successo che sia mai esistito».

Manfredi sottolinea che fu «precursore della modernità per il suo bisogno di sperimentare». Hack lo definisce «moderno, perché aveva paura di perdere tempo, per cui inventava macchine che facessero risparmiare tempo». Si vedono i suoi disegni, i suoi manoscritti. Realizzazioni in 3D danno vita ai codici leonardeschi. La Lombardia lo stimola nella sua incessante ricerca sulla natura. Il bel film, che avrà una distribuzione mondiale, in apertura mostra le acque dell'Adda e il traghetto di Imbersago: raccontano il suo amore per «l'acqua rumore di tutti i vitali corpi. Nessuna cosa è più lieve…».

Mariella Radaelli

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