Un minuto con Dante
Il pozzo dei giganti

«Un minuto con Dante» prosegue con una nuova webcam del prof. Enzo Noris, che, questa volta, ci fa riflettere su altri versi dell'Alighieri, laddove si parla del pozzo dei giganti.

IL POZZO DEI GIGANTI IF XXXI, 49 ss.

49 Natura certo, quando lasciò l'arte
50 di sì fatti animali, assai fé bene
51 per tòrre tali essecutori a Marte.

52 E s'ella d'elefanti e di balene
53 non si pente, chi guarda sottilmente,
54 più giusta e più discreta la ne tene;

55 ché dove l'argomento de la mente
56 s'aggiugne al mal volere e a la possa,
57 nessun riparo vi può far la gente.

In fondo alle Malebolge troviamo il pozzo dei Giganti, che fa da confine tra l'VIII e il IX cerchio. Dante si sta riprendendo dalla vergogna per essersi attardato ad osservare la rissa tra Maestro Adamo e Sinone, meritandosi giustamente il rimprovero di Virgilio. Le parole di Virgilio hanno la stessa funzione della lancia di Achille la quale, secondo il mito, era capace di ferire ma anche di guarire le ferite che aveva prodotto. Chi ci ama e ci fa da guida sa ferirci nel nostro amor proprio ma le loro parole servono a guarirci e a renderci migliori.

Proseguendo, il tono e l'atmosfera si fanno raccolti e ricchi di suspence: Dante vuole preparare il lettore all'incontro con i dannati del Cocito e con Satana-Lucifero, l'angelo ribelle, di cui i giganti sono forse un'anticipazione. Descritti nella loro mostruosità e nel loro vano agitarsi, sono spauracchi di una natura bizzarra che per fortuna non ha più prodotto simili mostri.

Dante dice infatti che la natura fece bene a non produrre più simili esseri, vere e proprie macchine da guerra: quali guai avrebbero potuto causare alla gente individui la cui ragione orientata al male era unita a corpi così smisurati? Dopo aver descritto Nembrot, colpevole di aver dato la scalata al cielo costruendo la torre di Babele che causò la dispersione delle genti e la confusione delle lingue; troviamo Efialte, Briareo ed infine Anteo.

Proprio ad Anteo Virgilio chiederà di prendere nelle sue mani lui e il discepolo e di deporli sul fondo del cerchio successivo. Mentre Dante si trova nelle mani enormi del gigante, guardandolo dal basso verso l'alto, ricorda l'effetto che la torre pendente della Garisenda a Bologna provoca nell'osservatore, quando sulla sua cima si vedono scorrere le nubi e la torre sembra crollare. Dopo aver deposto delicatamente i due pellegrini sul fondo del Cocito, Anteo si rizza di nuovo come l'albero di una nave, piegato dal vento, ritorna in posizione.

Enzo Noris

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