Panariello straripante al Creberg
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Uno, nessuno: Panariello! Panariello non esiste? Certo, perché ne esistono, uno, nessuno, centomila. Anche se, in fondo, tutti sono sempre solo lui. Il folto pubblico del Creberg lo ha accolto con applausi scroscianti e ad un tratto ha ballato con lui.

Uno, nessuno: Panariello! Panariello non esiste? Certo, perché ne esistono, uno, nessuno, centomila. Anche se, in fondo, tutti sono sempre solo lui. Il folto pubblico del Creberg Teatro lo ha accolto, ieri sera, con applausi scroscianti mentre la sua immagine si materializzava come per magia sul palcoscenico dove il simpatico comico toscano ha portato il suo nuovo spettacolo intitolato, Panariello non esiste. E invece esiste, eccome. Anzi, come dicevamo, ne esistono tanti, almeno quanti sono i suoi personaggi.

Alcuni storici che conosciamo ormai bene, altri nuovi che abbiamo imparato a conoscere. Ma lo spettacolo non si ferma lì, ha ambizioni più alte. Non è (solo) la galleria dei «tipi di ogni tipo», ma uno spettacolo vero e proprio con tanto di gruppo musicale dal vivo, un siparietto in stile «New Burlesque», canzoni e racconti, personaggi e battute che si inseguono e si rincorrono come nel vecchio varietà. Che quello sia il suo punto di riferimento, il comico toscano lo ha affermato più volte, e in effetti, Panariello non esiste, sembra proprio avere il passo del varietà (quello televisivo d'altri tempi), il tono dell'avanspettacolo (la teoria delle macchiette, le belle ragazze), ma anche il piglio del cabaret, nel quale Panariello dispiega la sua vis comica ammiccante e suadente, arruffona e divertente.

Il successo dello spettacolo (replica il 2 aprile) lo vedi e lo misuri anche da come lui stesso ride delle sue battute, di come non riesca a stare serio un momento di come «viva» lo spettacolo col pubblico che, ad un certo punto, coinvolge addirittura facendo alzare in piedi la platea e ballare con lui (anzi con «Luingi») una demenziale versione brasiliana della hit per bambini Ci son due coccodrilli…. Nello spettacolo – come ci aveva anticipato la scorsa settimana nell'intervista – ci sono due Panariello: quello nel ruolo tipico dello stand-up comedian, del comico e quello dei suoi personaggi. Il primo si sbarazza dell'attualità entrando in scena e denunciando la fatica di un comico nel trovare le battute quando la realtà si incarica di essere, da anni, molto più comica della fantasia.

Nel fare questo, Panariello, però, ribalta quel concetto e trova proprio nella realtà (soprattutto quella legata agli scandali veri o presunti che hanno toccato il mondo politico), lo spunto per rovesciarli nel comico. Il secondo Panariello, quello dei personaggi è – si può dire – l'inventore di una nuova Commedia dell'Arte le cui maschere grottesche e comicamente ripugnanti, survoltate e sguaiate, sono lo specchio deformato di una società (quella italiana contemporanea), dove, per esempio, nessuno conosce l'inglese ma tutti ormai usano termini inglesi. Con effetti esilaranti di cambiamento di senso come (usare l'iPhone per asciugarsi i capelli).

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