Manzù tra arte, vita e passioni
Martedì il ricordo alla Gamec

A 20 anni dalla scomparsa martedì 12 aprile in Gamec, testimonianze di parenti e amici per ricordare il grande scultore bergamasco Giacomo Manzù. «Lavoro perché mi è necessità dell'anima. Nato a Bergamo il 22 dicembre 1908 da famiglia umile e numerosa, verrà ricordato allo Spazio Parola e Immagine nella galleria.

A 20 anni dalla scomparsa martedì 12 aprile in Gamec, testimonianze di parenti e amici per ricordare il grande scultore bergamasco Giacomo Manzù. «Lavoro perché mi è necessità dell'anima. Per il resto, se c'è qualcosa da dire, parleranno i miei disegni e sculture» dichiarava Giacomo Manzoni, in bergamasco Manzù. Nato a Bergamo il 22 dicembre 1908 da famiglia umile e numerosa, verrà ricordato allo Spazio Parola e Immagine nella Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo.

L'incontro, aperto al pubblico, è promosso nell'ambito del Festival Internazionale della Cultura Bergamo in collaborazione con l'Associazione Culturale Magnolia e la Gamec, per celebrare il 20° anniversario della sua morte, avvenuta il 17 gennaio 1991. A ricordare Giacomo Manzù, «definito il Michelangelo del XX secolo», vi saranno la moglie Inge Manzù, Marcella Cossu, direttrice del Museo Manzù di Ardea collegato alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, il maestro Gianni Tangucci, direttore artistico della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, già vicedirettore artistico del Teatro alla Scala di Milano e direttore artistico della Fenice di Venezia, Maria Cristina Rodeschini, direttrice della Gamec, e Marco Roncalli, giornalista e pronipote di Papa Giovanni XXIII. Attraverso le loro testimonianze si esplorerà la figura di Giacomo Manzù, in relazione a diversi campi d'interesse che hanno plasmato l'arte dello scultore.

La moglie Inge Manzù racconterà il rapporto che lo legava alla musica e al teatro. L'intervento del maestro Gianni Tangucci riguarderà proprio «Manzù e il teatro» per descrivere la relazione tra l'artista e le rappresentazioni teatrali, illustrando alcuni disegni, bozzetti, scenografie e costumi realizzati da Manzù. Esempio è la sua collaborazione con Igor Stravinskij per le scene e i costumi di «Edipo Re» di Sofocle, al Teatro dell'Opera di Roma, e di «Histoire du soldat». E ancora le scenografie e i costumi per il “Tristano e Isotta” di Wagner, al Teatro «La Fenice» di Venezia, gli allestimenti per le opere musicali «La follia di Orlando» di Petrassi, «Elettra» di Strauss e «L'Apres midi d'un faune» di Debussy.

Il periodo artistico di Manzù a Bergamo (1930 – 1960) verrà illustrato da Maria Cristina Rodeschini, direttrice della Gamec che, oltre a ospitare la Collezione Manzù, nel 2008, con la mostra «Giacomo Manzù scultore. 1938 – 1965. Gli Anni Della Ricerca», lo ricordò in occasione del centenario della nascita esplorando, attraverso 60 opere di collezioni pubbliche e private, il periodo centrale della sua attività, connotato dal profondo rinnovamento iconografico e per l'eccellenza della qualità plastica. Marcella Cossu racconterà invece il periodo romano, dal 1960 sino al 1991. Marco Roncalli descriverà il rapporto di profonda stima tra Manzù e Papa Giovanni XXIII che nel 1961 lo autorizzò a modificare il tema originario della Porta di San Pietro ne «La Porta della Morte». Si consolida tra il Pontefice e l'artista una stima reciproca che porterà Manzù ad impegnarsi nelle numerose opere commissionategli dal Papa. Tra queste l'emblema del Concilio Vaticano II, richiestogli nel 1962 per il pavimento del portico di San Pietro. Il legame durerà sino al 1963 con la morte di Papa Roncalli.

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