I ricordi del suo barbiere:
mi portò Guttuso in bottega

«Si dice che il barbiere spesso vesta i panni del confidente. In realtà non ho mai voluto carpire segreti a nessuno. Al massimo con i clienti si diventa amici. E con lui l'amicizia è durata quasi trent'anni». Quel lui è padre Turoldo e chi parla è Pierino Angeloni, il suo barbiere.

«Si dice che il barbiere spesso vesta i panni del confidente. In realtà non ho mai voluto carpire segreti a nessuno. Al massimo con i clienti si diventa amici. E con lui l'amicizia è durata quasi trent'anni». Quel lui è padre Turoldo e chi parla è Pierino Angeloni, «ol barbèr» di Carvico e Sotto il Monte. «Lo ricordo ancora qui seduto, mentre mi parla di riflesso guardando lo specchio – dice –, con quella sua voce forte e rauca».

La sua prima volta?

«L'approccio non fu dei migliori. Lui era da poco arrivato a Fontanella. Quando veniva nel salone chiedeva di farsi radere subito, senza aspettare il proprio turno. Non tutti i clienti gradivano. Così facemmo un accordo. Visto che doveva smaltire un po' di peso, la mattina partiva da Fontanella a piedi e arrivava prima dell'apertura. Dopo il taglio, lo riaccompagnavo in auto».

Di cosa parlavate?
«Di tutto. Del suo Friuli, di Dio, della malattia». Ricorda qualcosa in modo particolare? «Mi raccontò della sua prima esperienza in Friuli, fra miseria e povertà assoluta. Espresse giudizi nei confronti di un parroco che riteneva troppo appiattito. "Mi sentivo ribollire dentro – diceva – e davanti a quel mondo di miseria volevo cambiare qualcosa: fu così che me ne andai via"».

Si sentiva isolato per alcune sue posizioni non condivise?
«Un giorno mi disse: "è più facile che una persona si senta sola in una piazza in mezzo a mille persone. Noi non saremo mai soli, perché con noi c'è Dio"».

Le parlò della malattia?

«Ricordo un giorno d'agosto. Era ospite del Pime a Lecco. Mi chiese se potessi andare da lui. Quando lo vidi, mi disse che gli avevano diagnosticato un tumore. Scoppiò a piangere e io con lui».

La paura della morte?
«No. Spesso diceva: "Non ho paura di morire. Bisogna invece essere sempre pronti a questo momento"».

Aveva un carattere difficile?

«L'unica cosa dura, durissima, era la sua barba. Avevo trovato il modo di tagliarla senza fargli male. I capelli se li faceva tagliare ogni due o tre mesi».

Veniva sempre accompagnato?

«Ogni tanto mi portava qualche cliente nuovo. Un giorno venne con un signore che ritenevo di aver già visto. "Non farci caso, è uno che si diletta con la pittura", mi disse. Qualche tempo dopo rividi quel tale su un giornale assieme a Marta Marzotto: era Renato Guttuso. Rimasi basito».

E. R.

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