Foresto, revival del Peeter Club:
alla festa si presentano in mille

Quelli che facevano tappezzeria, li ritrovi allo stesso posto dove li avevi lasciati 30 anni fa: ai lati della pista o appoggiati al bancone del bar. Magari più spelacchiati, qualcuno sovrappeso. Ingrigiti, investiti dalla polvere del tempo.

Quelli che facevano tappezzeria, li ritrovi allo stesso posto dove li avevi lasciati 30 anni fa: ai lati della pista o appoggiati al bancone del bar. Magari più spelacchiati, qualcuno sovrappeso. Ingrigiti, investiti dalla polvere del tempo che non ha risparmiato nemmeno il vinile dei dischi. Di quei dischi: «Billie Jean» di Michael Jackson, «Take Me Up» degli Scotch, «Tarzan boy» di Baltimora, «People from Ibiza» di Sandy Marton.

Benvenuti al «Remember Peeter Club», amarcord e luci stroboscopiche, quaranta-cinquantenni invecchiati all'ombra di una generazione in ritardo coi sogni di rivolta, più a suo agio in discoteca che nelle piazze. Mille persone che, tramite il tam-tam su Facebook (ecco come sono cambiati i tempi), lunedì sono salite tra i tendoni dell'area feste di Foresto Sparso per provare a ritornare, per una sera, i ragazzi che si dimenavano al ritmo della dance e pomiciavano tra i divanetti di un locale che non c'è più: il glorioso Peeter Club di Castelli Calepio (ma si celebrava pure il Mary Baby di Villongo). Code sulla provinciale, mai capitato da queste parti, tanto più di lunedì.

Nostalgia e commozione
«Mi sono commosso - commenta lo storico titolare Ilario Ongaro, 60 anni, di Villongo -. Sono arrivati amici da ogni parte della Lombardia che non vedevo da oltre vent'anni. Persone fra i 40 ed i 50 anni rimasti giovani seppur con il volto segnato dal tempo. Peeter e Mary Baby hanno scritto un'epoca, da metà degli anni '70 sino alla chiusura del '91».

È stata quasi una diretta dal passato, con i ritmi mixati dai dj di un tempo, Marco Delmonte, Tony Marano e Alberto Musi e «Studio Radio» a saturare di disco via web con i riempi pista di quel periodo. «Mezze di birra, Alexander e bicchierini di Chivas scotch whisky», ricorda Umberto, 54 anni, bresciano di Cologne e cameriere per 15 anni. Alla distanza di un respiro non poteva mancare la storica coppia di ex buttafuori, Franco, 51 anni di Villongo, e Daniele, 49 anni, di Castelli Calepio, corporatura extra-large alla sergente Garcia.

La pista è full, percorsa dal grigio dei fumi della disco e dai decibel. Le donne ondeggiano, mentre la nostalgia sale al potere quando irrompono la voce di Gazebo e le note di «I like Chopin».

L'autostop in minigonna
La platea si esalta. Stasera c'è anche il Belometti di Viadanica, della dinastia dei «Braga», mezza spina bionda nella mano destra e gomito sinistro appoggiato al banco del bar. Come allora. Ti chiedi se dopo 30 anni non sia stato ancora colpito dalla borsite da bancone. Un tempo al Peeter trascorreva la serata a sperare nei gol di Pacione, per lui lunedì l'ombelico del mondo era Cigarini. Il «Braga», quello che da decenni, quando gioca l'Atalanta a Bergamo, posteggia l'auto alla Malpensata, toglie dal baule la bici e, via, pedalare verso il Comunale anche se piove.

Silvia, Antonella, Tina, Nadia e Beatrice, da Gandosso a Villongo, si sono ritrovate nelle note di «Relax» dei Frankie Goes to Hollywood. «Il Peeter, una seconda casa - raccontano -; eravamo minorenni e raggiungevamo la disco sempre in autostop. Quasi sempre in minigonna e quindi mai in ritardo. Però alle 23 eravamo a casa».

In pista c'è anche Luca, 14 anni, trascinato da papà Fausto di Foresto e mamma Mirella di Sarnico. Balla come fosse rivestito di gesso, un erede dei paninari. Nel parcheggio troneggia una trentina di storiche vespe del Moto club di Sarnico.

Ma il Peeter e il Mary Baby sono state anche fucine di amori e passioni. Pagine che hanno anche segnato una vita. Come quelle scritte da Donatella, 41 anni, di Carobbio degli Angeli e Maurizio, 42 anni, di Milano. «Primo bacio al Peeter nell'87 e nel '94 ci siamo scambiati gli anelli», raccontano. Oggi vivono a Chiuduno e hanno due figli, Nicole di 16 anni e Daniel di 11. «In compagnia di amici arrivai al Peeter nel '87 - ricorda Maurizio -. Era un ambiente familiare e piacevole. Spesso ci andavo il venerdì, il sabato, la domenica pomeriggio e sera. A tal punto che il sabato sera mi fermavo a dormire alla trattoria Sole di Capriolo. A volte mi ospitava l'Ilario, il titolare della discoteca. Ecco perché questa sera non potevamo mancare».

L'ingresso costava tremila lire
Andare al Peeter non era un lusso. Per le donne l'ingresso era spesso gratis, per gli uomini l'obolo variava fra le 3 e le 5 mila lire. Si torna alla serata e dalla consolle arriva l'eco delle prime note di «Wild boys» dei Duran Duran. La pista ansima. Poi si spengono le luci per lo spettacolo pirotecnico. E si riprende. Gli ultimi, sempre i soliti, quelli che facevano tardi anche trent'anni fa, se ne vanno dopo l'una. Nell'ampio parcheggio ci sono anche i carabinieri di Sarnico. Come una volta. Ma non c'è il parcheggiatore, il Fermo di Credaro, quello che strappava il biglietto e nel frattempo dal baule della sua auto ti mostrava le scarpe scontate, fornite dal negozio della figlia. Lui è rimasto a casa. Come altri del resto.

La verità è che la vita ci impone di guardare avanti. E non tutti lunedì sera se la sono sentita di fare autostop ancora per una volta, chiedendo un passaggio alla nostalgia.

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