Il retroscena criminale
della rivoluzione chimica

Deborah Blum, Premio Pulitzer 1992, domenica 14 al Teatro Sociale, introdotta dal direttore de L'Eco di Bergamo Giorgio Gandola, ha parlato di «Cocktail al cianuro», dal suo «Manuale dell'avvelenatore». Ecco un suo intervento.

Deborah Blum, Premio Pulitzer 1992, domenica 14 al Teatro Sociale, introdotta dal direttore de L'Eco di Bergamo Giorgio Gandola, parla di «Cocktail al cianuro», dal suo «Manuale dell'avvelenatore». Ecco il suo intervento.

di Deborah Blum
Nei laboratori medico-legali degli anni '20, la ricerca di veleni da parte dei chimici produceva a volte alambicchi stranamente luccicanti - quasi fossero rivestiti di gemme preziose. Quelli che venivano chiamati «saggi alla fiamma» o «test del colore» si basavano proprio sulla constatazione che molte sostanze chimiche tossiche producono radiazioni luminose di colori diversi quando vengono esposte alla giusta combinazione di caldo, freddo, acido e base, con effetti meravigliosi - lo stupendo blu del cianuro, il cremisi del monossido di carbonio, il verde pavone dell'arsenico - tanto che un giornalista in visita al laboratorio di medicina legale di New York, osservati alcuni test, li paragonò al baluginio della caverna di Aladino.

In merito all'appariscenza, quel giornalista aveva ragione: nel laboratorio, i veleni luccicavano come una fantasmagoria di luci, anche se l'effetto era principalmente dovuto alla grande quantità di lampi.

All'inizio del XX secolo vennero creati moltissimi nuovi composti venefici, forieri di un secolo all'insegna della chimica. Queste nuove sostanze ebbero origine dalle innovazioni militari introdotte nella Prima Guerra mondiale, dai fabbisogni dell'industria e dell'agricoltura, nonché dalla ricerca medica. Alcune furono figlie della cultura dei locali clandestini favoriti dal proibizionismo imposto negli Stati Uniti negli anni '20, con i suoi jazz club fumosi e i cocktail talvolta letali.

Per quanto svelti potessero essere i tossicologi a mettere a punto nuovi metodi per identificare vecchi veleni, altri chimici ne creavano costantemente di nuovi. La cultura industriale diffuse i composti in tutte le sfere e a tutti i livelli, rendendo la chimica parte integrante del tran-tran quotidiano: la morfina si ritagliò uno spazio nei rimedi prescritti per la dentizione dei neonati; l'oppio si impose nei sedativi di consumo abituale; l'arsenico divenne uno degli ingredienti di una serie di prodotti chimici, dai pesticidi ai cosmetici.

Mercurio, cianuro, stricnina, idrato di cloralio, cloroformio, solfati di ferro, acetato di piombo, acido carbolico e altri prodotti della nuova chimica finirono per riempire gli scaffali di studi medici, aziende, case, farmacie e drogherie.

Non vi era alcun modo, ma proprio nessuno, per la neonata scienza tossicologica di tenere il passo con questa invasione. A onor del vero va detto che alcuni ostinati continuarono a sforzarsi di diffondere manuali, mentre altri compilavano prontuari di tossicologia chimica; d'altro canto, però, i nuovi composti erano stati a malapena analizzati, i nuovi preparati medicinali appena catalogati e la maggior parte dei medici erano poco, o punto, preparati in materia.

Una complice: l'industria
Ci fu chi pensò che la stagione d'oro degli avvelenatori si fosse conclusa nel momento in cui gli scienziati impararono a localizzare le tossine nei tessuti. Si sbagliavano perché fu proprio l'era industriale a porre le basi per una nuova stagione di avvelenamenti, e al tempo stesso avevano ragione perché a quell'epoca nacque la scienza della tossicologia moderna, principalmente come reazione alla nuova minaccia emergente.
Fino a quel momento erano esistiti davvero pochissimi strumenti con cui rintracciare la presenza di eventuali sostanze tossiche in un cadavere come prova irrefutabile di omicidio. A volte - ma non sempre - gli inquirenti deducevano l'azione di un veleno dall'eventuale nausea violenta che aveva preceduto la morte. A volte - ma non sempre - confermavano un caso di avvelenamento facendo ingerire a una cavia l'ultimo pasto consumato dalla vittima. L'omicidio per avvelenamento era così utilizzato e così diffuso per eliminare le difficoltà finanziarie (ad esempio, un genitore facoltoso che si intestardiva a rimanere in vita) che i francesi diedero al semimetallo arsenico l'appellativo poudre de succession (polvere della successione).

La rivoluzione chimica dell'800 segnò una profonda quanto inaspettata e sorprendentemente rapida trasformazione. Gli scienziati impararono a isolare e identificare gli elementi di base e i composti chimici che definiscono la vita sulla Terra. Al giorno d'oggi, persino un alunno di scuola elementare dà per scontata la tavola periodica degli elementi, mentre non lo era per lo scienziato dell'epoca, trattandosi ancora di un'idea in fieri. I primi scienziati attivi nel campo della chimica elementare non lavoravano in particolare sui veleni, ma lo fecero altri: verso la fine degli anni '30 fu sviluppato il primo test per isolare l'arsenico e nel giro di un decennio vennero messi a punto test più affidabili e furono utilizzati con successo nell'ambito del processo penale.

La tossicologia divenne materia d'indagine di tutto rispetto, soprattutto in Europa. Conoscenza e determinazione scientifica crebbero, attraversarono l'Atlantico e raggiunsero gli Stati Uniti. In una causa celebre, un medico uccise la moglie con la morfina, istillandole poi negli occhi alcune gocce di belladonna per neutralizzare la contrazione della pupilla che l'avrebbe tradito. L'uxoricida venne condannato solo dopo che nel 1893 il chimico newyorkese Rudolph Witthaus ne riprodusse in aula il modus operandi, applicando la stessa tecnica agghiacciante per uccidere un gatto davanti ai giurati, con un misto - a detta dello stesso Witthaus - di imbonimento e scienza; la tossicologia rimaneva ancora un campo rudimentale di ricerca, pieno di «domande senza risposta».

Tossicologia come scienza
Eppure Witthaus, che morì nel 1915, si disse altresì convinto che la tossicologia sarebbe prima o poi diventata una scienza evoluta. Quasi un centinaio d'anni più tardi possiamo apprezzare la sua profezia. La tossicologia forense - insieme alle altre scienze medico-legali, dalla patologia all'entomologia - si è infatti evoluta fino a diventare uno strumento formidabile per le indagini criminali. Il tasso di mortalità per avvelenamento intenzionale è diminuito drasticamente e si aggira oggi fra il 2 e il 5 per cento degli omicidi. Non c'è più traccia degli spaventosi avvelenatori seriali del passato - criminali come Belle Gunness, immigrante norvegese negli Stati Uniti che fra il 1905 e il 1908 uccise una quarantina di uomini con il cloroformio, la stricnina e un'ascia.

E le competenze utili allo smascheramento degli avvelenatori sono oggi uno degli strumenti più importanti per la tutela dell'ambiente. Inizialmente messe a punto nei laboratori medico-legali per la ricerca dei colpevoli, le nostre capacità di analisi dei composti tossici hanno contribuito alla comprensione e alla regolamentazione di numerose sostanze industriali.
In ultima analisi, però, il motivo per cui mi piace inquadrare questo discorso in un contesto storico è che la storia della chimica è parte integrante del nostro presente.

Nel mio libro sulla tossicologia all'inizio del XX secolo, intitolato The Poisoner's Handbook (Il manuale dell'avvelenatore), ho esplorato molte di queste sostanze chimiche e composti letali (arsenico e mercurio, monossido di carbonio e metanolo), elementi di cui continuo a trattare negli articoli che scrivo come giornalista scientifica e blogger di una rubrica scientifica per Wired.

Riso contaminato
Ancora oggi, di fronte alla crescente consapevolezza della contaminazione del riso a causa dell'arsenico presente in natura, cerchiamo di quantificare l'entità del rischio, o di studiare le caratteristiche naturali degli alcol tossici come il metanolo. Non più tardi di questa estate, la Repubblica Ceca ha dovuto vietare la produzione e l'esportazione di alcol in seguito al dilagare di un'intossicazione da metanolo che ha ucciso quasi 30 persone. Possiamo anche prendere il caso di un altro gas venefico, il monossido di carbonio che, pur occupando un ruolo di primo piano nella mia storia ambientata nella New York dei ruggenti anni '20, manda ancora ogni anno all'ospedale più di 15 mila persone nei soli Stati Uniti.

I tossicologi del passato (il mio libro racconta di un paio di combattivi scienziati newyorkesi) hanno cambiato la storia, permettendoci di riconoscere e limitare il tipo di sostanze pericolose cui ho accennato prima. Questi pionieri hanno creato quello che mi piace a volte chiamare «modello Csi» in cui scienziati e agenti investigativi lavorano fianco a fianco - anche se non è sempre stato così.

Ci hanno insegnato a catturare gli avvelenatori. Credo tuttavia che capirebbero quanto il terreno della tossicologia sia accidentato e sdrucciolevole, e che non si stupirebbero del fatto che nel mondo dalla chimica stiamo ancora navigando a vista.

La navigazione risulta tuttavia più sicura quando ricordiamo cosa ci hanno insegnato quei precursori nel corso di tutte le ore passate in mezzo ai rossi, blu, dorati e verdi di un mondo spesso velenoso e scintillante, originato dalla singolare scienza della morte.

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