Benni: 3 mila amici su Facebook?
Inutili, se non puoi confidarti

Ironia e mal resistibile forza dell'innamoramento. Nel suo ultimo libro, Di tutte le ricchezze (Feltrinelli, pagine 207, euro 16), Stefano Benni, lungi dall'abbandonare l'abituale umorismo corrosivo delle mode imperanti racconta la storia di un innamoramento senile.

Ironia e mal resistibile forza dell'innamoramento. Nel suo ultimo libro, Di tutte le ricchezze (Feltrinelli, pagine 207, euro 16), Stefano Benni, lungi dall'abbandonare l'abituale umorismo corrosivo delle mode imperanti racconta la storia di un innamoramento senile.

Martin è un professore universitario e critico settantenne in pensione. Vive, solo, in un casale in collina. Un sognatore, alter ego dell'autore. Ma, a illuminare la più o meno quieta solitudine del professore irrompe, bomba in uno specchio d'acqua, Michelle.

Qui inizia la storia. Magia e incanto di una chioma bionda. Nel casale accanto al suo, arriva una coppia di nuovi vicini: il Torvo, un pittore gallerista fallito. E lei, Michelle, ventinove anni, corpo elastico da ballerina, impossibile passi inosservata. Il veleno si stilla progressivamente nel sangue del settantenne.

Che sarà di lui, di lei, di loro?
«Scrivere di amore oggi è difficile, specialmente in tempi di puttanieri imperanti. Ho accettato la sfida. Forse non ho raggiunto Cechov ma sicuramente ho evitato Baglioni. E non ho mai detto che il libro è patetico. Ho detto che quando ci si innamora spesso si diventa ridicoli, c'è una bella differenza».

Come vede la situazione italiana?
«Nel libro l'onesto Martin, parlando col suo amico-nemico Remorus, corrotto e arrivista, si sente dire: "questo Paese assomiglia più a me che a te". L'Italia è contradditoria e complessa, con molti difetti e molte virtù. Io ho sempre una speranza, e credo che io forse non vedrò un'Italia migliore, ma mio figlio sì».

Un tema forte della sua narrativa è la solitudine: medicina necessaria?
«Possiamo decidere quando essere soli e quando essere con gli altri, possiamo soprattutto scegliere le persone, la cultura, i luoghi, le idee con cui dividere la nostra vita. Il telefonino è una grande invenzione solo se ci rendiamo conto che non risolve nulla della nostra solitudine: ha reso più comodi i contatti ma ha creato nuove frette e nuove ansie. E alla fine siamo sempre noi che scegliamo le parole. Se su Facebook ho tremila amici e non so con chi confidarmi, allora qualcosa non funziona».

Leggi di più su L'Eco di martedì 23 ottobre

© RIPRODUZIONE RISERVATA