Riecco il fiorentino di Città Alta
Sette tele all'antico splendore

Dopo l'impegnativo restauro architettonico, arriva ora quello della quadreria. Sette dipinti della chiesa di San Pancrazio tornano in sede, dopo un necessario intervento di ripulitura. Il lavoro è stato presentato martedì 27 novembre in Città Alta.

Dopo l'impegnativo restauro architettonico, arriva ora quello della quadreria. Sette dipinti della chiesa di San Pancrazio tornano in sede, dopo un necessario intervento di ripulitura. Il lavoro è stato presentato, martedì 27 novembre, nella stessa chiesa di Città Alta, dalla dottoressa Amalia Pacia, responsabile Sovrintendenza ai Beni storici e Artistici della Lombardia.

Presenti le restauratrici che hanno eseguito l'opera, Caterina Castellani e Silvia Ravasio. Si tratta di sette pitture ad olio, una dell'ultimo decennio del '500, le altre del secolo successivo. Più in dettaglio: San Francesco d'Assisi in estasi e San Pietro liberato dal carcere, di ignoto di ambito bergamasco, periodo 1640-1660, ubicate nella quarta cappella a sinistra; Gesù Bambino che appare a Sant'Antonio da Padova e San Francesco Saverio morente in una grotta, ancora di ignoto di ambito bergamasco, seconda metà del '600; La Madonna con Bambino, San Pietro e San Paolo di Gian Paolo Cavagna (1590-1600), quarta cappella a destra. E, pezzi di speciale interesse, L'Arcangelo Annunciante e La Vergine Annunciata, recentemente attribuiti al secentista fiorentino Francesco Curradi, ubicati nella quinta cappella a sinistra.

«Erano in pessimo stato di conservazione», racconta Silvia Ravasio. «Presentavano un deposito di polvere e vernice ossidata molto consistente, con ridipinture di restauri precedenti. Si è cercato di fare un restauro non invasivo, mantenendo la prima tela senza fare una rifoderatura. A livello di ritocco quasi nessun intervento, se non nelle zone dove c'erano abrasioni dovute a restauri precedenti, soprattutto nel dipinto del Cavagna».

Ed eccola, la famiglia che si è sobbarcata l'intero onere del restauro: sono Oreste Fratus e le sue due cugine Luigina e Mariarosa Saltalamacchia. Pensionati, una vita di lavoro in banca. Dice Fratus: «Siamo nati, abitiamo da sempre in Città Alta, vicino a questa chiesa che è la chiesa della nostra infanzia. Il parroco ha lanciato un sos riguardo alle tele e noi abbiamo scelto, in concerto con lui, le più malandate».

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