Placido e la terra di Re Lear:
un mondo devastato, resta il mito

Non è un paese per nessuno la terra di Re Lear secondo Michele Placido, applaudito martedì sera al Teatro Donizetti nella sua versione della tragedia shakespeariana. Lo spettacolo parla di un mondo devastato - il nostro? - a cui non rimane che il mito.

Non è un paese per nessuno la terra di Re Lear secondo Michele Placido, applaudito martedì sera al Teatro Donizetti nella sua versione della tragedia shakespeariana. I vecchi hanno dissestato il mondo, spogliandosi di doveri, poteri e ragionevolezza. I secondi lo percorrono come lupi bramosi o come reietti, senza vie di mezzo.

La chiave è l'ultima battuta, che lo stesso Placido ha tradotto (con Monica Gungui): «I più vecchi tanto più hanno sopportato; a noi giovani non sarà dato di vedere o vivere tanto. A noi spetta farci carico di questo triste tempo. Dobbiamo dire quel che sentiamo, non quel che ci conviene».

Per questo la messa in scena oscilla tra il riferimento alla tradizione e l'immaginario contemporaneo, nel ritmo, nei costumi (di Daniele Gelsi), nella colonna sonora (di Luca D'Alberto) e nella scenografia (di Carmelo Giammello).

Lo spettacolo parla di un mondo devastato - il nostro? - a cui non rimane che il mito. Buona la scelta di evidenziare i lati ambigui e grotteschi del testo shakespeariano, discutibili alcuni effetti. Ma lo spettacolo ha una sua forza, che conquista un pubblico numeroso e giovane, prossimo ai 950 spettatori.

Fino a domenica. Info: www.teatrodonizetti.it, tel. 035-4160678.

Pier Giorgio Nosari

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