Festival pianistico, gran finale
Giovedì c'è Boris Petrushansky

Giovedì al teatro Donizetti di Bergamo i «Virtuosi Italiani». Dirige Latham-Koemig, Cassone alla tromba. Un omaggio ad Arvo Part e pagine di Sostakovic. Inizio alle 21, biglietti ancora disponibili.

Guardate a est, seguite le latitudini Pärt e Sostakovic. Questo indica il Festival Pianistico nella sua serata conclusiva. Giovedì (alle 21, biglietti disponibili, da 12 a 13 euro) al Donizetti cala il sipario sulla 50° edizione dedicata ad Arturo Benedetti Michelangeli.

Per l'occasione la bacchetta inglese di Jan Latham-Koenig dirigerà i Virtuosi Italiani con il pianista russo Boris Petrushansky e Gabriele Cassone alla tromba. Il programma alternerà come brani del musicista estone (a cui il festival dedicò l'edizione 2007) e del maestro di San Pietroburgo: il pensoso Summa, il drammatico Orient & Occident, l'ascetico Silouans Song, e il minimalista Fratres da un lato, dall'altro il Concerto n. 1 per pianoforte, tromba e archi op. 35, e la Sinfonia da camera op.110 di Sostakovic.

Abbiamo chiesto di presentare il Concerto op. 35 di Sostakovic proprio a Petrushansky, «ultimo allievo» del mitico Heinrich Neuhaus, onorato di esser stato invitato a chiudere il 50° Festival, dove ritorna per la decima volta. «Stento a parlarne - osserva - perché il Concerto è conosciutissimo. Fu scritto 80 anni fa, Sostakovic aveva pensato a un concerto per tromba, poi si orientò per un organico insolito. Dopo di lui altri lo seguirono, come Jolivet, o provò combinazioni simili, come il quartetto d'archi, piano e tromba per musiche da film. Sostakovic fu attaccato dai conservatori con critiche terribili, perché aveva osato iniziare con una citazione dell'Appassionata di Beethoven. L'Appassionata era la musica prediletta da Lenin e la citazione in modo quasi caricaturale appariva a dir poco irriverente. Le citazioni nel Concerto sono molte, dalla terza di Mahler al Rondò op.129 di Beethoven, dalla Kammermusik di Hindemith ad autocitazioni. È un concerto ironico, satirico. Ci sono tanti elementi diversi, dalla drammaticità a un lirismo profondo, dalla malinconia a scoppi dirompenti, fino allo struggimento. Calza bene quello che di Sostakovic disse Gogol, suo amico e scrittore: "attraverso il riso le lacrime invisibili al mondo". Ricorda Chaplin, con la goffaggine trasmette commozione».

Lei lo ha conosciuto?
«No. Ma so che mi sentì alla radio. Era il novembre 1970, suonavo Ravel con il figlio Maxim che dirigeva l'Orchestra della Radio di Mosca. Sono in contatto con la vedova, che sta curando l'opera omnia della sua musica».

È stato l'ultimo allievo di Heinrich Neuhaus, che ricordo ha?
«Sono stato suo allievo solo per qualche mese prima della sua morte. Mi hanno invitato nella giuria del Festival a Mosca del concorso in suo onore per giovani pianisti (quello vinto da Filippo Gorini, bergamasco, ndr). Neuhaus suscitava simpatia. Attorno a lui c'era turbolenza e maestosità nello stesso tempo. Aveva la testa da intellettuale e filosofo, ma era romantico e lirico come nessuno».

Cosa dice di questo programma, che affianca Sostakovic e Pärt?
«Direi che è molto interessante anche perché si tratta di musica molto profonda, non facile anche se in parte sembra accessibile. È musica multilaterale, che comprende un fattore estetico, ma anche storico ed etico: nel caso di Sostakovic c'è di mezzo la morale di un animo orgoglioso».

Cosa dice della musica attuale, della composizione contemporanea?
«Mi sembra ci siano due tendenze. Da un lato il pubblico fatica a seguire le nuove proposte, perché la tendenza generale è sempre più verso un ascolto passivo. La seconda tendenza è quella della musica leggera, che riempie le orecchie, il ventre, il palato, tutto. C'è una certa pigrizia mentale che è un dato di fatto, che non si vede ad esempio nel campo delle arti figurative. Ma ci sono tanti compositori, da Ligeti a Gubaidulina... la musica è viva, che sia quella contemporanea o barocca».

Bernardino Zappa

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