Curreri: «Stadio con un segreto, la strada
Il nostro mondo è lontano dai talent»

La vittoria all’ultimo Festival di Sanremo suona un po’ come un risarcimento agli Stadio, quasi un premio alla carriera. Intendiamoci, il pezzo che hanno portato all’Ariston è forte, una canzone alla Vasco che sa di Stadio lontano un miglio.

«Un giorno mi dirai» mette a fuoco il dialogo tra un padre e una figlia. Il punto di vista di Gaetano Curreri su una paternità mai affrontata. «Arriviamo presto (ndr: il 6 maggio al Creberg Teatro)», sbotta lui. «Bergamo è una città che ci portiamo nel cuore per i tanti concerti fatti al Teatro Donizetti. Stavolta abbiamo vinto, ma trent’anni fa a Sanremo arrivammo ultimi; questo in fondo è un incentivo per tutti i ragazzi che vogliono fare musica e la vogliono fare con una modalità che non è quella precotta e costruita dai talent. Io non ce l’ho con tali format, ma sono un po’ preoccupato quando vedo che tutto nasce e finisce con i talent».

«Sanremo nel tempo era diventata una specie di succursale di quei programmi. Credo che ogni modalità di proporre la musica, anche in televisione, abbia una sua dignità. Quella dei talent è una modalità appoggiata e ampiamente riconosciuta dalla televisione. Il nostro modo è diverso: nasce dalle cantine, dai pub, dai luoghi dove i ragazzi si incontrano per fare musica. Tanti giovani non hanno nessuna intenzione di misurarsi, vogliono una carriera diversa. E noi siamo un esempio di carriera diversa, di quello che si può fare nonostante tutto. La nostra storia parte 35 anni fa, come ha scritto un giornalista: ora c’è un Sanremo prima della vittoria degli Stadio e un Sanremo dopo la stessa vittoria. Forse siamo sempre stati uno spartiacque nella nostra storia, dai tempi di Lucio sino al presente».

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