Haber e Boni, che coppia «freudiana»
A Bergamo sarà un successo - foto video

Lavoro brillante e commovente ambientato nella Vienna del 1938, puntellato dagli interrogativi senza tempo di Freud: in scena al Donizetti arriva «Il visitatore»

Si annuncia come un nuovo sold-out il prossimo spettacolo della Stagione di prosa al Teatro Donizetti di Bergamo preparata da Maria Grazia Panigada: Il visitatore, pièce di Éric-Emmanuel Schmitt nella traduzione e regia di Valerio Binasco, è in programma dal 26 al 31 gennaio, sempre alle ore 20.30 eccetto la domenica alle 15.30. Una produzione di Goldenart Production, con Alessandro Haber e Alessio Boni, nei ruoli rispettivamente di Freud e di un inaspettato «visitatore» che altro non è che Dio stesso.

Éric-Emmanuel Schmitt è drammaturgo-scrittore-sceneggiatore belga di origine franco-irlandese naturalizzato parigino; i suoi romanzi hanno venduto oltre 10 milioni di copie in 50 paesi. Al suo debutto in Francia nel 1993 Il visitatore ha conquistato tre Premi Molière (Rivelazione teatrale, Miglior autore, Miglior spettacolo di teatro privato) e da allora la pièce è stata tradotta in 15 lingue e rappresentata in oltre 25 paesi.

Il visitatore è una commedia brillante, leggera, a tratti commovente, che ha raccolto successi sui maggiori palcoscenici d’Italia e che arriva a Bergamo in coincidenza con il Giorno della Memoria, ricordandoci - attraverso l’ambientazione - i terribili momenti della persecuzione degli ebrei da parte del regime nazista in Austria, orchestrata da Adolf Eichmann e dai suoi assistenti della Gestapo.

Aprile 1938. L’ Austria è stata da poco annessa di forza al Terzo Reich, Vienna è occupata dai nazisti, gli ebrei vengono perseguitati ovunque. In Berggstrasse 19, celeberrimo indirizzo dello studio di Freud (Alessandro Haber), il famoso psicanalista attende affranto notizie della figlia Anna, portata via da un ufficiale della Gestapo. Ma l’angosciata solitudine non dura molto: dalla finestra spunta infatti un inaspettato visitatore (Alessio Boni) che fin da subito appare ben intenzionato a intavolare con Sigmund Freud una conversazione sui massimi sistemi. Il grande indagatore dell’inconscio è insieme infastidito e incuriosito. Chi è quell’importuno? Cosa vuole? È presto chiaro che quel curioso individuo non è un ladro né uno psicopatico in cerca di assistenza. Chi è dunque? Stupefatto, Freud si rende conto fin dai primi scambi di battute di avere di fronte nientemeno che Dio, lo stesso Dio del quale ha sempre negato l’esistenza. O è un pazzo che si crede Dio? La discussione che si svolge tra il visitatore e Freud, e che costituisce il grosso della pièce, è ciò che di più commovente, dolce ed esilarante si possa immaginare: Freud ci crede e non ci crede; Dio, del resto, non è disposto a dare dimostrazioni di se stesso come se fosse un mago o un prestigiatore. Sullo sfondo, la sanguinaria tragedia del nazismo che porta Freud a formulare la domanda fatale: se Dio esiste, perché permette tutto ciò?

In questa commedia, come accadeva nel teatro di tanto tempo fa, le parole sono importanti e l’autore sembra coltivare la speranza che quando gli uomini si incontrano e si parlano possono, forse, cambiare il mondo. C’è una fiducia buona, dentro questa scrittura. C’è un grande «sì», così come nella drammaturgia contemporanea, di solito, c’è un grande «No».

Il protagonista di questo viaggio è Sigmund Freud; lo vediamo vecchio, stanco, malato. È arrivato al capolinea della vita. Per le strade della sua adorata Vienna marciano i Nazisti e lui si prepara ad andare in esilio perché ebreo. È un uomo che si scopre disperato, dopo aver lottato tutta la vita contro la disperazione degli altri uomini. Questo povero vecchio che, sebbene sia Freud, ci sembra in vero un povero vecchio qualsiasi e ci ispira una tenera pietà, riceve la visita di un inquietante signore: è un pazzo che dice di essere Dio in persona? O è Dio, che gioca a sembrare un pazzo? Oppure il mondo è in mano a un Dio che non è niente di più e niente di meno di un povero pazzo? E ancora: il Male, che qui è interpretato da uno dei suoi migliori rappresentanti (il Nazismo), è opera di questo visitatore che dice di essere Dio o è opera dell’Uomo? Eccetera eccetera. Ecco le domande cruciali, i dubbi sanguinosi che animano questa strana commedia. Si potrebbe pensare, a questo punto, che l’autore ci abbia regalato uno dei tanti inutili e tediosi drammi filosofici; ma non è così. Ci ha regalato invece una commedia brillante, che con eleganza conduce spesso al sorriso o al riso; che offre spunti di pensiero e di commozione con sorprendente leggerezza.

Informazioni sugli spettacoli: tel. 035.4160678 dal lunedì al venerdì ore 9-12 / 15-17.
Biglietteria del Teatro Donizetti: tel. 035.4160601/602/603; da martedì a sabato, ore 13-20; domenica ore 14-15:30 (solo nelle domeniche di spettacolo).
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I biglietti hanno un costo da 10 a 28 euro.

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