«Il dialetto è di tutti i bergamaschi
Per salvarlo riportiamolo nelle scuole»
D’istinto, cosa le suggerisce, oggi, il nostro dialetto? «Prima di tutto non appartiene a nessun partito politico. È un modo di esprimersi col cuore ed è la lingua che tutti noi, nati in questa meravigliosa terra orobica, abbiamo imparato sulle ginocchia di nostra madre. È la parlata che usiamo con i nostri famigliari, così come con gli amici più cari ed è quella con la quale ci rivolgiamo spesso anche al buon Dio».
Il riferimento alla Lega Nord è abbastanza esplicito. «Quando vado fuori Bergamo e mi presento come il Duca di Piazza Pontida l’analogia col Carroccio è divenuta scontata. Il messaggio che voglio lanciare è che il dialetto è di tutti e per tutti i bergamaschi, al di là della cabina elettorale, è attribuito il compito di mantenere vive le nostre tradizioni».
Per salvare il nostro dialetto cosa è fondamentale attuare? «Riportarlo nelle scuole, caricarlo di passione, far si che i ragazzi se ne innamorino. Su questo ci viene d’aiuto la legge regionale sui dialetti e le autonomie. Esperienze di questo tipo le abbiamo sperimentate quest’anno alle medie di Villa d’Adda e all’istituto Betty Ambiveri di Presezzo. I risultati sono soddisfacenti».
Leggi di più su L’Eco di Bergamo in edicola il 17 gennaio 2017
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