«Amleto», tutto esaurito al Donzietti

Tutto esaurito per «Amleto», lo spettacolo che Lella Costa porterà al teatro Donizetti mercoledì 13 febbraio alle 20.30 con la regia di Giorgio Gallione. I testi dello spettacolo, liberamente ispirato a Shakespeare, sono di Lella Costa, Giorgio Gallione, Massimo Cirri. Le musiche di Stefano Bollani, i costumi di Antonio Marras, le scene di Guido Fiorato, le luci di Marco Elia. Produzione I.R.M.A. Spettacoli.

Lella costa rilegge il testo shakespeariano con il tono del racconto toccando, come lei ama fare, tematiche attuali. Un Amleto che diventa attuale, che si cala perfettamente nelle storie dei nostri giorni. In questa storia si può parlare di etica, politica, guerra, arrivismo. Proprio come nel classico Amleto. E del resto i classici sono tali perché sanno sopravvivere nei secoli. Amleto è un archetipo universale, è una riflessione sull’umanità in cui emergono la disperazione e il disincanto.

«Amleto è una spugna: - commenta il regista Giorgio Gallione - contiene politica e tragedia d’amore, studio psicologico e dramma familiare, violenza e morale, follia e metodo, eccentricità e malattia, pace e guerra. Le antiche leggende raccontano l’esistenza di un Amleto addirittura in epoca anteriore a quella di Cristo. Così Amleth o Amlodi o Amlaghe, l’idiota, il matto è presente nelle saghe degli inizi del mondo (esplodere o implodere, questo è il problema, scrive Italo Calvino) e in ogni tradizione arcaica: dalla Persia all’Islanda, dalla Grecia alla Danimarca. Perché la vicenda di Amleto fa parte di quella grande enciclopedia del narrabile, di quel “Padre dei racconti” che contiene la radice di tutte le storie umane. E sempre, dall’antichità fino a Shakespeare e in ogni riscrittura contemporanea, Amleto è rappresentato come il primo degli intellettuali infelici, cerniera tra mondo arcaico e nuovo sapere, tra Medioevo e modernità; un giovane colto e melanconico che astutamente armato di simulata follia lavora alla ricerca della verità o della vendetta. Da qui parte il nostro Amleto, dal contratto di finzione tipico di ogni racconto, dalla semplice e pura magia del narrare che è ancor oggi l’essenza del teatro, da una vicenda che nasce dall’ombelico del mondo e che viaggiando nel tempo e nello spazio ancora ci riguarda e ci emoziona, da un palcoscenico nudo che, come ai tempi di Shakespeare, tutto può evocare». (08/02/2008)

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