Olzer: «Swing, pop e rock nel mio concerto d’organo a Lallio»

L’organista e jazzista Roberto Olzer giovedì 30 settembre si esibisce per la rassegna «Box Organi» in un recital dedicato al parroco. Ecco l’intervista.

Da Gino Paoli a Duke Ellington, da Ennio Morricone ai Pink Floyd, passando attraverso Nino Rota e il Quartetto Cetra. Tutto potrebbe sembrare, tranne il programma di un concerto d’organo. Eppure per l’appuntamento straordinario dedicato al 25° di ordinazione sacerdotale del parroco don Fabio Trapletti, giovedì 30 settembre alle 21, nella parrocchiale di Lallio , la rassegna «Box Organi. Suoni e parole d’autore» propone una vera e propria carrellata nell’universo della canzone del ’900, dal titolo «Primo Libro di Canzoni per sognare». Il tutto arrangiato secondo i moduli cari alla prassi dell’improvvisazione jazzistica. Protagonista, l’organista Roberto Olzer, che scelse l’organo sin da piccolo avendo come mentore Giancarlo Parodi.

Maestro Olzer, l’anno scorso si era già cimentato con «Jesus Christ Superstar» all’organo, ma non era la prima esperienza di quel tipo…
«Assolutamente, come organista ma anche pianista jazz mi piace fare commistioni. In Italia ora inizia a muoversi qualcosa, ma negli Usa la prassi di suonare, improvvisare, in stile jazz, all’organo ha da ormai un secolo una sua storia, e in Fats Waller la sua figura più famosa ed emblematica».

Quest’anno sono otto le suite tematiche che proporrà.
«Verranno affrontati i brani in programma di natura più schiettamente jazzistica, in particolare alcuni celebri standard jazz, come “Honeysuckle Rose” e “Take The A Train”, e canzoni del cosiddetto Swing italiano, che attorno alla metà del secolo scorso occhieggiava divertito alle sonorità provenienti d’oltreoceano, penso ad esempio al Quartetto Cetra. Accanto a loro ho selezionato altri titoli, raggruppandoli in suite omogenee, di altra provenienza, dalle musiche per musical (“La la land”, “West Side Story”), a quelle per film con 3 autori emblematici come Nino Rota, Ennio Morricone e John Williams, fino alle canzoni di musica italiana per così dire più sanremesi, con brani di Mia Martini, Gino Paoli e Renato Zero. Ci sarà spazio anche per il pop internazionale, per la canzone napoletana e infine per temi e assoli di musica rock con brani dei Queen, Led Zeppelin e Van Halen».

La sua suite preferita?
«Una menzione particolare, dal mio punto di osservazione, va alla suite dedicata ai Pink Floyd, per l’amore che mi lega alla loro musica fin dall’adolescenza, e perché la loro visionarietà sinfonica e “gotica” si avvicina al mondo organistico».

Qual è invece la parte più difficile in questo tipo di «trasposizione»?
«La sfida è nel trovare un punto di incontro tra questi generi così lontani dal repertorio organistico abituale e le peculiarità per natura più congeniali all’organo, la polifonia, il contrappunto, l’imitazione, gli impasti armonici. Ma anche il vedere come l’uso della ricca tavolozza timbrica dell’organo di Lallio, così come di soluzioni ritmiche inusuali, possano offrire una prospettiva nuova, insolita, di temi che fanno parte ormai della nostra memoria collettiva».

L’organo, sia per motivi pratici che di repertorio, non è uno strumento popolare. E quindi cosa si può fare per renderlo più accessibile?
«Indubbiamente l’organo, essendo collocato per definizione e per vocazione all’interno delle chiese, ha una sua funzione prevalente, cioè quella di accompagnare le celebrazioni. Non è nato per una funzione concertistica e anche per questo si è creato un repertorio funzionale alla liturgia, seppur con opere di grande impatto. Penso che la scelta di associare diverse forme d’arte, dalla letteratura alla danza, oppure mettere insieme generi musicali diversi sia già una modalità interessante per stanare un pubblico non abituale».

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