Battlefield 1, storie e uomini
della Grande Guerra

In barba agli Fps più beceri e apatici, la campagna di Battlefield 1 è vera poesia videoludica sulla Grande Guerra, una raccolta di storie intime ed umane dedicata a tutti gli uomini e le donne che hanno vissuto il conflitto in prima persona. Ad affiancare l’ottima narrativa il solito e solidissimo gameplay della saga e un ottimo comparto multiplayer.

Piattaforma: Xbox One, PlayStation 4 e PC

Genere: sparatutto in prima persona

Sviluppatore: DICE

Produttore/Distributore: Electronic Arts

PEGI: 18

La Grande Guerra viene spesso snobbata dagli sviluppatori di videogiochi a favore di altri contesti bellici come la seconda guerra mondiale o la guerra del Vietnam. Dopo il deludente poliziesco Hardline uscito lo scorso anno, Electronic Arts ha voluto accontentare i fan e tornare alle origini con Battlefield 1, titolo ambientato proprio nella prima guerra mondiale e la cui realizzazione è stata affidata a DICE, il team che ha dato origine alla saga.

Il principale e più tradizionale veicolo di storia è ovviamente rappresentato dall’indiscutibile binomio libri-scuola che solo un folle metterebbe in discussione. Molti educatori sostengono però con estremo interesse e fervore l’insegnamento (non solo storico) supportato dai videogiochi, in quanto capaci di declinare nozioni – in taluni casi anche dettagliate e precise – in maniera più diretta e immediata grazie al potere di suoni, immagini e interattività.

Battlefield 1 non ha le velleità storiche di altri prodotti come, ad esempio, la serie Assassin’s Creed, che ha fatto delle fedelissime e certosine ricostruzioni delle città un vero e proprio marchio di fabbrica, o lo strategico Total War, preciso e puntuale nel restituire ogni battaglia, strategia, protagonista ed evento del periodo in cui è ambientato; e di esempi ne potremmo fare a centinaia. Quello che Battlefield 1 fa molto bene, invece, è il trasmettere le emozioni dei suoi protagonisti, l’atmosfera e le sensazioni respirate sul campo di battaglia: caos, urla, paura, proiettili che arrivano da ogni direzione.

È in mezzo a tutto questo coacervo emozionale che si ritrova il videogiocatore/soldato, il quale si aggrappa a qualsiasi cosa per sopravvivere, arranca, si nasconde, corre, proprio come gli uomini e le donne della Grande Guerra. Battlefield 1 è un esempio di rievocazione storica videoludica che ci piace: un’opera che non sfrutta la tecnologia per spettacolarizzare banalmente la violenza, ma si eleva a strumento efficacissimo di narrazione e divulgazione. Un corretto tributo a chi, la guerra, l’ha vissuta davvero.

La campagna di Battlefield 1 si compone di cinque storie differenti, ognuna delle quali non ha come protagonista un super soldato o un pluridecorato eroe di guerra ma un comunissimo uomo (e donna) che lotta per la sopravvivenza, stringe amicizie sincere, si sacrifica per il compagno, cerca una flebile rassicurazione nel cameratismo o nei pallidi ricordi. Cinque vicende differenti e indipendenti quelle narrate nel nuovo lavoro firmato EA-DICE, ma legate dallo stesso fil rouge: la guerra, la paura di non farcela. Nella prima storia si vestono i panni di un inesperto pilota britannico che, a bordo di un carro armato, deve superare le linee nemiche per raggiungere la città francese di Cambrai insieme ai suoi commilitoni. Questo primo racconto ci ha inevitabilmente portato alla mente il film Fury con protagonista Brad Pitt, poiché, proprio come nella pellicola del regista David Ayer, anche qui viene sottolineato il rapporto maniacale – quasi puerile e primitivo – che si instaura fra l’equipaggio e il carro armato: il carro potrebbe persino rappresentare metaforicamente una madre che porta i figli (l’equipaggio) in grembo, e lo protegge dal mondo esterno (la guerra).

Dalla corazza del carro armato si passa poi alla carlinga del caccia inglese Bristol F2.A nei panni di un carismatico quanto bugiardo aviatore americano, che pagherà caro le conseguenze delle sue menzogne. Terza storia tutta italiana: il giocatore si muove nelle vesti di un ardito, un soldato d’assalto scelto, che per amor di patria e sentito cameratismo rompe le linee nemiche lungo gli impervi sentieri all’ombra delle dolomiti per aiutare i compagni d’armi. La quarta sequenza vede la nascita di un commuovente rapporto padre-figlio fra un veterano di guerra e un giovane volontario, suo apprendista messaggero. Chiude, purtroppo senza il proverbiale botto, la storia (meno riuscita) di una giovane donna araba che lotta fra le dune del deserto contro le truppe ottomane, a fianco di nientepopodimeno che Lawrence d’Arabia.

La grande varietà ambientale e situazionale della campagna ha permesso al team DICE di mettere in piedi un gameplay molto vario, in cui si passa da silenziose missioni stealth a sequenze in carro armato, aeroplano e persino a cavallo (quest’ultimo poco valorizzato). Purtroppo le meccaniche di gioco e il marcato dinamismo di uno sparatutto in prima persona contemporaneo mal si sposano con quelli che erano i veri scontri di trincea tipici della prima guerra mondiale. Viene in soccorso una componente tattica e strategica – seppur molto grezza – che permette al giocatore di analizzare il campo di battaglia con un binocolo e decidere quale strada prendere per raggiungere l’obiettivo. Le sequenze più stimolanti dal punto di vista del gioco nudo e crudo sono però quelle a bordo del carro armato, dove il motore grafico proprietario Frostbite Engine 3 tira fuori i muscoli: a bordo del tank inglese si potrà addirittura radere al suolo interi edifici.

Ad affiancare l’emozionante campagna singolo giocatore c’è un multiplayer davvero fornito e stimolante, con nove mappe enormi e un riuscitissimo level design. Oltre alle tradizionali modalità Deatmatch a Squadre, Conquista, Corsa e Dominio già viste nei vecchi capitoli della serie si aggiunge la curiosa Guerra dei piccioni, una sorta di variante di cattura la bandiera che vede protagonisti i volatili. Ma la novità più interessante è senza dubbio rappresentata da Operazioni, modalità simile a Conquista (avanzamento e conquista di settori della mappa) ma ambientata su un fronte della prima guerra mondiale e in cui possono partecipare fino a 64 giocatori contemporaneamente (2 squadre da 32). Ovviamente non manca la possibilità di pilotare i mezzi visti nella campagna e la marcata distruttibilità dello scenario.

Anche se lontano dalla guerra di posizione della Grande Guerra, il multiplayer di Battlefield 1 è, come da tradizione della serie, uno sparatutto in cui è fondamentale agire con la testa, studiare il territorio e collaborare con i propri compagni, ognuno dei quali ricopre un ruolo specifico all’interno del team: assalto, che si butta nella mischia; supporto, devastante ma poco preciso; medico e scout (il cecchino). A queste si aggiungono altre classi speciali e d’elite. Inoltre, salendo di grado a suon di battaglie vinte ogni giocatore può sbloccare nuove armi e gadget d’epoca, tutti perfettamente riprodotti.

In barba agli FPS più beceri e apatici, la campagna di Battlefield 1 è vera poesia videoludica sulla Grande Guerra, una raccolta di storie intime ed umane dedicata a tutti gli uomini e le donne che hanno vissuto il conflitto in prima persona. Ad affiancare l’ottima narrativa il solito e solidissimo gameplay della saga e un ottimo comparto multiplayer.

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