L’Ombra della Guerra
Il mio esercito di orchi

Dopo l’inaspettato successo di critica e pubblico di tre anni fa con L’Ombra di Mordor, i ragazzi di Monolith ci riprovano con un secondo capitolo che ha tutte le carte in regola per fare ancora meglio del suo predecessore.

Piattaforma: Xbox One, PlayStation 4 e PC
Genere: Action RPG
Produttore/Sviluppatore: Monolith Productions
Distributore: Warner Bros Interactive Entertainment
PEGI: 18

Nei primi anni 2000 l’universo letterario fantasy de Il Signore degli Anelli trovò nella pellicola firmata Peter Jackson un’ottima trasposizione cinematografica. La conversione da un media all’altro, però, non sempre riesce nel migliore dei modi, soprattutto quando si tratta di passare da un film/libro ad un videogioco. E di esempi ne potremmo fare a bizzeffe. Fortunatamente in questo articolo parleremo, invece, di una saga che rende onore alla sua fonte di ispirazione: La Terra di Mezzo L’ombra della Guerra, secondo capitolo di quello che è ritenuto quasi all’unanimità da critica, appassionati e videogiocatori uno dei migliori – se non il migliore – adattamento videoludico dell’universo di J.R.R. Tolkien. Andiamo a scoprire se il secondo capitolo conferma questo importante riconoscimento.

L’Ombra della Guerra prosegue senza interruzioni da dove si era concluso il suo predecessore. Senza andare troppo nel dettaglio per evitare spoiler a chi ancora non ha giocato al primo capitolo, diciamo solo che si vestiranno nuovamente i panni del ramingo Talion, soprannominato “il senza morte”, nel cui corpo alberga lo spirito del Signore elfico Celebrimbor legato all’umano per via di una maledizione. Come già visto tre anni fa ne L’Ombra di Mordor, la narrativa tratteggiata dai ragazzi di Monolith non offre arzigogolate sceneggiature degne da premio Oscar o grandissimi colpi di scena, ma tutto sommato intrattiene più che dignitosamente con diverse sotto-trame legate a personaggi ben caratterizzati e fascinosi, dalla donna-ragno Shelob a “madre natura” Carnan passando per l’assassina Eltariel. Peccato che l’ottimo gameplay – che andremo a vedere tra poche righe – non venga supportato da un background narrativo veramente epico, anche perché attingere dall’universo immaginato di quel geniaccio di Tolkien è un vantaggio che poche produzioni si possono permettere. E andrebbe sicuramente sfruttato meglio. Guardando le altre produzioni legate all’universo tolkeniano verrebbe da pensare che va bene anche così, ma accontentarsi non è mai un bene, sopratutto se il soggetto in questione è la matrice del genere high fantasy.

Il giocatore, nei panni di Talion, può girovagare per la Terra di Mezzo lungo un’area esplorabile molto più vasta e variegata dal punto di vista ambientale e del level design rispetto al primo capitolo. Non che la direzione artistica sia particolarmente ispirata e ricercata, tanto è vero che, come per il titolo originario, sembra che gli sviluppatori abbiano riciclato diversi pacchetti ambientali per cercare di “riempire” la mappa. Tutto sommato l’impatto generale è comunque molto buono, ma muoversi per la Terra di Mezzo è ben lontano da quanto apprezzato in altri titoli open-world come The Witcher 3 o l’ultimo Zelda (tanto per scomodare due giganti). Anche dal punto di vista grafico, inoltre, il nuovo titolo firmato Monolith non riesce a distinguersi particolarmente, offrendo una veste estetica poco migliore rispetto a quella del suo predecessore (uscito ben 3 anni fa). A migliorare è soprattutto la cura e la varietà nella caratterizzazione degli orchi.

A fare compagnia al buon Talion nella Terra di Mezzo c’è infatti un grandissimo numero di orchi, troll e bestie feroci, sempre attenti e sempre pronti a fare la pelle al ramingo protagonista; e tra questi ci sono anche i capitani, creature nettamente più forti dei loro sottoposti e che possono essere assoldati (ma questo aspetto lo vedremo meglio più avanti). Ovviamente Talion può sfoggiare un ampio set di attacchi per liberare il suo cammino: dai consueti colpi di spada e pugnale alle dinamiche stealth passando per abilità magiche ereditate dal compagno elfico. Il tutto viene declinato tramite un combat system solido e ben oliato, che prendendo ispirazione dalla serie Batman Arkham ha poi preso una sua strada. Peccato che nonostante l’ottima varietà e la precisione dei controlli, le animazioni risultino ancora macchinose. Tutte le abilità di Talion possono essere sbloccate e potenziate attraverso uno skill tree di buona profondità e che garantisce un livello di personalizzazione del personaggio più trasversale rispetto al passato. Un’impronta maggiormente RPG si nota anche nella presenza dell’inventario: nel predecessore Talion non poteva cambiare l’equipaggiamento, ma ne L’Ombra della Guerra capitani e comandati sconfitti rilasciano equipaggiamenti di vari livelli: comune, raro, epico e leggendario. Non solo: ognuno di questi, dalla spada all’arco, possono essere potenziati tramite speciali rune che ne migliorano l’efficacia in combattimento.

Al di là della tradizionale campagna e le numerose missioni secondarie (e sono davvero tantissime, molte di più del primo capitolo) legate in buona parte a collezionabili che permettono poi di sbloccare nuove abilità, il punto di forza del gameplay de L’Ombra della Guerra è ancora una volta il sistema Nemesis, un meccanismo che permette al giocatore di assoldare gli orchi di Sauron – tutti diversi fra loro, con punti di forza e punti deboli – e creare un personale esercito “orchesco” da poter schierare all’occorrenza. Oltre alle tante attività collaterali legate al Nemesis (alcune già viste in passato) come inviare i propri sottoposti a tendere imboscate ai capitani di Sauron, inviare un seguace a sfidare un altro Capitano all’interno di un’arena o,ancora, vendicare la propria morte eliminando un capitano che ci ha ucciso in precedenza o vendicare la morte di un amico eliminando un orco che lo ha ucciso nelle faide online. Le possibilità sono davvero tantissime. L’esito di ogni scontro, che se ne prenda o meno parte, andrà poi ad influire sulle gerarchie dell’esercito con i capitani orchi che vengono detronizzati o altri che, invece, salgono al potere diventando capitani o comandanti. I capitani interagiscono fra loro indipendentemente dall’intervento del giocatore, ad esempio tendendosi imboscate a vicenda o sfidandosi per scalare le gerarchie. Un sistema Nemesis ancora più ricco e credibile di quello visto ne L’Ombra di Mordor capace di rendere l’esperienza di gioco di ogni giocatore più unica che rara. Nonostante l’intelligente scelta di svelare le possibilità di gameplay poco alla volta (come fatto anche nel primo capitolo) e nonostante il Nemesis verso la fine dell’avventura si percepirà un certo senso di ripetitività. Sensazione stemperata però dall’ottima varietà di orchi e situazioni.

In questo secondo capitolo la struttura del Nemesis ha fatto un importante passo in avanti, permettendo al giocatore non solo di assoggettare i capitani Orchi ma di poter organizzare e gestire un vero e proprio esercito di assedio al fine di attaccare una roccaforte nemica e conquistarla, con tanto di truppe di supporto, cavalleria Caragor, bestie di assedio e tanto altro (power up attivabili spendendone ovviamente il relativo costo). È anche possibile inviare alcuni capitani a fare da spia ai comandanti delle roccaforti e offrire così un aiuto dall’interno successivamente, in fase di assedio. Una volta conquistato un avamposto questo può essere rinforzato con mura più imponenti, colate di lava, cancelli in ferro, truppe di difensori, e tanto altro. Ovviamente vanno nominati un Reggente a capo della base e dei comandanti. L’avamposto può essere attaccato non solo dagli eserciti orcheschi di Sauron ma anche da altri giocatori online. Rigirando come un calzino il Nemesis System gli sviluppatori sono riusciti a creare una sorta di gioco nel gioco.

Partendo dalle ottime basi del primo capitolo, Monolith ha portato ad un nuovo livello il tanto (e giustamente) decantato Nemesis System donandogli una profondità ancora maggiore che, tra le altre cose, permette al giocatore di organizzare e gestire eserciti d’assedio e roccaforti. Quasi un gioco nel gioco. Anche se la narrativa potrebbe offrire spunti migliori la trama convince e riesce ad intrattenere meglio della precedente. Purtroppo l’ottimo combat system soffre ancora di una certa macchinosità. Ma, come si dice, è il 3 il numero perfetto..

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