No Man’s Sky
A spasso fra le stelle

Lo “space simulator” del team indipendente Hello Games porta il videogiocatore all’interno di una vera e propria galassia, con oltre 18 trilioni di pianeti esplorabili. Ma potenzialmente infinito significa infinitamente noioso?

Piattaforma: PlayStation 4 e PC

Genere: Action-adventure

Sviluppatore/Produttore: Hello Games

Distributore: Sony Interactive Entertainment

PEGI: 7

“E la Terra sentii nell’Universo.

Sentii fremendo ch’è del cielo anch’ella,

e mi vidi quaggiù piccolo e sperso,

errare, tra le stelle, in una stella.”

Videogiochi e poesia? Sì, si può fare. Eccome se si può fare. La citazione di una strofa de “Il Bolide” di Giovanni Pascoli non è lì per caso, ma simboleggia con estrema efficacia letteraria la sensazione che si prova giocando a No Man’s Sky, nuovo titolo (dopo la serie Joe Danger) del team britannico indipendente Hello Games. Un’opera priva di un vero e proprio scopo, narrativa, missioni preimpostate, e dove esistono solo il giocatore, l’immensità della galassia, i pianeti e – appunto – le stelle. Un universo potenzialmente (quasi) infinito grazie ad una tecnologia di generazione procedurale dei pianeti (un algoritmo di generazione automatica non casuale, basato su alcuni parametri prestabiliti dagli sviluppatori), in grado di dar vita a 18 trilioni di possibili corpi celesti esplorabili, ognuno dotato di un suo clima, flora e fauna, morfologia e civiltà aliene. Una vastità che ha preoccupato moltissimi appassionati e addetti ai lavori, i quali hanno involontariamente coniato l’equazione “potenzialmente infinito uguale infinitamente noioso”. È davvero così? Probabilmente – mai come in questo caso – molto dipende da persona a persona. Proviamo comunque a dare una chiave di lettura a questo stupefacente quanto personalissimo No Man’s Sky.

No Man’s Sky è un videogioco impossibile da incasellare in un qualche genere tradizionale (anche se questo lo si potrebbe dire per molti altri titoli). Ma se proprio lo si volesse fare, potremmo dire che No Man’s Sky è uno “universe-exploring space simulator” oppure, ancora meglio, un gigantesco sandbox dentro al quale il giocatore-astronauta può spostarsi da una galassia all’altra con la sua piccola astronave esplorando tutti i pianeti che vuole. Ma una volta atterrati cosa si può fare? Sbarcato sul pianeta sconosciuto di turno e reclamata la propria scoperta – che si può condividere online con altri giocatori – si può assorbire materie prime come zinco, platino, carbonio, plutonio e altro ancora da piante, rocce e tantissimi altri elementi tramite un’apposita pistola. Le risorse sono fondamentali per il proseguo dell’avventura poiché servono a ricaricare la stessa arma, la tuta, la navicella, creare altri oggetti tramite un sistema di crafting o installare upgrade per l’equipaggiamento e l’astronave. Il lavoro di “raccoglitore” spaziale sarà dunque uno degli aspetti principali del gameplay di No Man’s Sky, ma non l’unico. Il giocatore è infatti un esploratore e, come tale, è in grado di catalogare e classificare i numerosi animali che incontra, così come le galassie, i pianeti e i luoghi di interesse scovati. Ogni scoperta reclamata porta nelle tasche del giocatore delle Unità, ovvero la moneta di gioco utile per acquistare moltissimi oggetti come materiali e tecnologie di potenziamento, ma anche nuove armi o navicelle. Ovviamente si possono guadagnare Unità anche vendendo oggetti e materiali recuperati girovagando per lo spazio. Non manca nemmeno la possibilità di prendere parte ai combattimenti, sia a bordo dell’astronave – e quindi contro altre navicelle – che a terra, imbracciando la propria arma (la stessa usata per assorbire i materiali) per fronteggiare specie animali ostili o le sentinelle robot, una sorta di polizia galattica che interviene quando si esagera nella raccolta delle risorse e non si rispettano certi limiti.

Quindi No Man’s Sky si riduce ad un ripetitivo esplora, raccogli, potenzia e (ogni tanto) combatti? Non proprio. Ovviamente le dinamiche survival sono parte integrante del gameplay, ma – per fortuna (o per sfortuna, a seconda dei punti di vista) – No Man’s Sky non è figlio del suo gameplay. C’è anche altro. No Man’s Sky è una vera e propria esperienza sensoriale, un’esplorazione senza limiti, un foglio bianco su cui ogni giocatore scrive il suo personale viaggio interstellare. Come spiega lo stesso ideatore del gioco Sean Murray: “Se, anche solo per un momento, il nostro gioco riuscirà a far provare ai giocatori la sensazione di trovarsi all’interno della copertina di un libro di fantascienza e a far percepire loro le dimensioni del nostro universo, potrà ritenermi soddisfatto”. Ebbene Sean, il tuo intento è stato raggiunto. Le riserve, però, non mancano.

In No Man’s Sky si viaggia, si viaggia davvero molto, all’interno di una intera galassia. Ed è un qualcosa di unico, che prima d’ora nessun altro videogioco (film, libro e chi più ne ha, più ne metta) è riuscito a fare. Ma seppur la varietà di pianeti, flora e fauna, razze aliene, sia enorme, si ha spesso un senso di già visto. Il sistema procedurale fa egregiamente il suo compito (e ci mancherebbe: è incredibile) e senza dubbio il nuovo pargolo firmato Hello Games ha scritto un passaggio potenzialmente rivoluzionario per il futuro dei videogame. Ma manca qualcosa. A causa della sua vastità l’universo di No Man’s Sky è inevitabilmente monocorde, ridondante, a tratti persino povero. Si esplorano pianeti molto differenti fra loro: ghiacciati, caldissimi e desertici, verdeggianti e rigogliosi, altri brulli, alcuni abitati da animali dall’aspetto davvero molto curioso, pianeti morfologicamente assurdi e altri che ricordano la nostra Terra. Seppur l’aspetto cambi, però, la sostanza rimane quasi sempre invariata e le possibilità offerte sono sempre le stesse; e a dire la verità non sono poi molte e particolarmente stimolanti. Inoltre, rispetto alla loro dimensione, i pianeti visitati sono risultati praticamente deserti, con solo qualche piccola base semi disabitata (spesso si trova un solo alieno con cui l’interazione è limitata), alcuni reperti di civiltà misteriose e poco altro.

L’immensità della galassia e la grande (per non dire totale) libertà d’azione possono sembrare inizialmente dei punti di forza, ma ad un certo punto, per molti giocatori, potrebbero trasformarsi in un limite. Avere un obiettivo, un fine ultimo, una trama principale da seguire, non è necessariamente un freno, ma un modo per spronare il giocatore a proseguire la sua avventura, farlo sentire parte di qualcosa di vivo, dinamico, in evoluzione. Una mancanza che, per i giocatori più “tradizionalisti”, si farà pesantemente sentire. In realtà una sorta di obiettivo ci sarebbe, ed è quello di raggiungere il centro della Galassia, ma come ribadito più volte dagli sviluppatori non rappresenta la vera essenza del gioco ma si tratta semplicemente di un espediente per accontentare l’utenza mainstream. E giocando lo si percepisce immediatamente.

L’infinito di No Man’s Sky è dunque limite e punto di forza allo stesso tempo. A far pendere da una parte o dall’altra l’ago della bilancia è la persona che lo gioca, lo spirito con cui si vuole approcciare la galassia tratteggiata da Hello Games, quello che si sta cercando. No Man’s Sky va giocato per il semplice gusto di esplorare, scoprire pianeti, galassie, razze aliene, nuove lingue. Abbiamo aperto con una citazione letteraria, e vogliamo chiudere allo stesso modo. No Man’s Sky è una metafora della vita, proprio come scrive Paulo Coelho nel suo romanzo Il Cammino di Santiago: “non è importante la meta, ma il cammino”.

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