Aftab Farooq è tornato in Pakistan
«Guardava siti di propaganda jihadista»

È tornato in Pakistan dopo tredici anni Aftab Farooq, il 26enne magazziniere espulso lunedì scorso dall’Italia con l’accusa di essere un «aspirante combattente» dello Stato Islamico. Lasciandosi così alle spalle la casa di Vaprio d’Adda, il paese del milanese in cui abitava e lavorava, gli affetti familiari, e un passato da campione di cricket.

Fabio Marabini, presidente del club Kingsgrove Milano in cui il giovane ha giocato come lanciatore, parla di Farook come una persona «lontana» da quella descritta dai giornali in questi giorni. Capitano della nazionale azzurra under 19 nel 2009 - per la «Federazione internazionale del gioco cricket» bastano 4 anni di residenza continuativa per giocare nelle nazionali - il giovane, secondo Marabini, proveniva da «una famiglia normale e ben integrata».

Ma dalle indagini dei Ros di Milano emerge un profilo diverso da quello descritto dai due fratelli maggiori, entrambi residenti in Italia, che parlano di lui come di una persona che amava «la vita e gli animali». Nell’ultimo anno, e in particolare da dicembre a questa parte, aveva passato molto tempo (fino a quattro ore nei giorni in cui non lavorava nel negozio di articoli sportivi) davanti al computer a guardare filmati violenti sui siti di propaganda jihadista. E mentre all’esterno dissimulava le sue convinzioni, il suo ambiente familiare ne era consapevole.

A quanto è emerso e riportato da Ansa, aveva indicato su una mappa i territori ora controllati dall’Isis davanti a dei bambini, figli di alcuni familiari, manifestando loro il proposito di recarsi in quei luoghi. Inoltre, aveva provato in più di un’occasione a radicalizzare la moglie, anche lei pakistana e poco integrata, chiedendole fra l’altro di indossare il velo integrale. Esplicitamente aveva parlato con lei dei suoi propositi di arruolarsi. L’aveva quindi picchiata in più occasioni poiché lei non condivideva le sue stesse convinzioni. La donna, che gli proponeva di «fare un pellegrinaggio a La Mecca» invece di arruolarsi per la jihad, veniva accusata di volersi «accoppiare con i miscredenti» una volta partito per i territori del Daesh.

L’uomo rivolgeva le sue minacce, oltre che all’aeroporto bergamasco di Orio al Serio ma senza alcun piano definito, pare a un’enoteca di Vaprio d’Adda chiamata «La fabbrica del Whiskey», e nei confronti di alcuni militari, secondo quanto riportato da Ansa. A settembre sarebbe andato in Marocco, a quanto risulta per motivi turistici insieme alla moglie, e stava aspettando il visto per un futuro viaggio in India. Dalle indagini è emerso che l’uomo aveva programmato, per poi rinunciare all’ultimo, dei viaggi in Bosnia alla ricerca dei campi di addestramento del Daesh. «È ingiustizia. Volevo stare in Italia. Avevo famiglia, mia moglie qua, tutte le cose. Non mi sento di tornare in Pakistan» ha detto in un videomessaggio.

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