Il mio stile?
Un'insalata mista

«Lo stile rende la vita più bella, più unica. E lo stile dipende da te, da quanta voglia hai di lavorare su di te. Puoi migliorare o peggiorare, sei tu a decidere». Parola di Lapo Elkann che si racconta, fuori e dentro la cabina armadio, in un libro pubblicato da Add, «Le regole del mio stile».

«Lo stile rende la vita più bella, più unica. E lo stile dipende da te, da quanta voglia hai di lavorare su di te. Puoi migliorare o peggiorare, sei tu a decidere. Perchè stile vuol dire conoscenza. Ma vuol dire anche come ti poni nei confronti degli altri, far sì che le persone quando sono con te siano a proprio agio». Parola di Lapo Elkann che si racconta, fuori e dentro la cabina armadio, in un libro pubblicato da Add, «Le regole del mio stile». Un ritratto fuori dai canoni, un mix di aneddoti, consigli e vanità di un personaggio amato e contestato, eclettico e geniale. Sui generis. «Dicono che sono un dandy: falso, la mia non è posa, quello che faccio non è per stupire» scrive e commenta la sua epoca: «Viviamo in anni in cui fortunatamente molto di quello che era fasullo si sta sgretolando, in cui apparire non basta, perché apparire non vuol dire nulla, se non porta con sé qualcosa di importante». Lui ne è convinto, e si descrive come «schietto, diretto nelle mie opinioni: me ne assumo le responsabilità, non mi nascondo dietro a un dito». Cominciando dal raccontare il suo mondo, le città dove vive, i suoi dioli - da Winston Churchill a Madre Teresa di Calcutta fino a Oscar Wilde -, la sua passione per «il bello»: «Mi piace in tutti i suoi aspetti, dal cibo all'arredamento».

E se poi si parla di abbigliamento, «chi l'ha detto che lo smoking deve essere nero e portato con le pantofole in vernice? Io lo metto con la t-shirt e le sneakers se mi piace così». Perché il punto sta tutto qui: vestirsi, secondo Lapo, è un atto di creatività. C'è il pensare e il fare: «Il fermarsi per elaborare un'idea e il muoversi per costruirla - scrive -. Spesso bisogna rifugiarsi nel passato per migliorare il futuro, cercando lì le tracce di quello che possiamo essere». E con un'impronta personale: «Dopo anni di omologazione, oggi funziona la personalità, l'idea, funziona l'impronta che si lascia sulle cose». Con inventiva: «Se ce l'hai puoi applicarla a tutto». A proprio gusto: «Il mio deriva dall'insalata mista culturale in cui sono cresciuto e in cui sono sempre vissuto». Tutto questo tra tradizione e innovazione, con passione e la voglia di essere curiosi, ma anche coraggiosi, «con la voglia costante di migliorare le cose». Ma questo libro è anche una carrellata di colori e tessuti, tra gli abiti di tweed ereditati dal nonno Gianni e la collezione vintage di jeans, «l'oggetto più democratico del mondo». Lapo dedica anche un capitolo al «beauty» con un consiglio, anche questo molto democratico: sorridere, «io la vita la mangio con gli occhi e sorridere è essenziale e non costa niente anzi, dà energia a te e agli altri». A se stessi, prima di tutto, soprattutto per uno come lui, che viaggia, che inventa e si reinventa. Che gira il mondo: «Io sono per la velocità, lo dico sempre. Ma a volte la corsa ti porta a non guardare e diventa una fuga. Io ho provato a fuggire: per insoddisfazioni, insofferenze, tristezze, perché non amavo. Oggi non fuggo più, da niente».

Fabiana Tinaglia

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