La tragedia delle torri gemelle
raccontata ai ragazzi

«Vorrei che i ragazzi di oggi entrassero in azione ogni volta che vedono l’oltraggio di un principio in cui credono»: è questo l’invito che lancia Eraldo Affinati, insegnante-scrittore, in prima linea sui temi legati all’educazione, con «Eddy il ribelle»(Gallucci), sulla tragedia delle Twin Towers, scritto qualche anno fa e ristampato in occasione del 15° anniversario dell’attentato.

Affinati in questi giorni è al Festivaletteratura di Mantova con i ragazzi della sua scuola, la «Penny Wirton» di Roma - dove si insegna l’italiano agli stranieri, ma di fatto si vive l’integrazione attraverso dialogo e relazioni - per un incontro su don Lorenzo Milani e sul suo libro «L’uomo del futuro» (Mondadori). La stessa tensione etica anima anche questo «Eddy» dedicato ai lettori più giovani, narrato dal punto di vista di due ragazzi alieni che l’11 settembre del 2001 sorvolano il cielo di New York.

Sono passati 15 anni dall’attentato delle Torri Gemelle. Come mai ha deciso di scrivere un libro dedicato ai giovani su questo argomento?

«L’idea era quella di raccontare ai giovani il tragico attentato delle Twin Towers, secondo una chiave che potesse attirare la loro attenzione. Ho scritto l’11 settembre di Eddy il ribelle cinque anni fa per l’editore Gallucci che lo ha appena ristampato. A quel tempo insegnavo lettere alla Città dei Ragazzi, una storica comunità educativa romana, e mi accorgevo che mentre i ragazzi immigrati sapevano chi fosse Bin Laden, i loro coetanei italiani o ne ignoravano l’esistenza, oppure lo confondevano con un personaggio della Play Station».

Il protagonista è un alieno, perché?

«Eddy è un ragazzo ribelle che vive a Fulgor, pianeta dove le parole guerra e morte non si possono pronunciare, sono diventate un tabù. Ho pensato che uno scolaro potesse immedesimarsi nella personalità di questo alieno, specie quando decide di fuggire da scuola a bordo di un’astronave».

Qual è il messaggio che intende offrire ai ragazzi con questo libro?

«L’aspetto più importante dell’attentato è la morte di migliaia di innocenti. Quando un essere umano ne uccide un altro, è come se violasse un principio universale. Matuzalem, l’amico di Eddy, scende sulla Terra nel tentativo d aiutare le vittime delle Torri. Ecco, vorrei che i ragazzi oggi entrassero in azione ogni volta che vedono l’oltraggio di un principio in cui credono».

Che consiglio darebbe a genitori, educatori e insegnanti per affrontare nel modo giusto argomenti come il terrorismo e la guerra con i più piccoli? Da dove partire?

«Bisogna partire dalle storie delle persone. Non illustrare grandi tesi, ma dare luce a episodi concreti. E poi dovremmo favorire il confronto fra bambini e adolescenti di diversa estrazione sociale e culturale. Nell’infanzia è molto più semplice rispetto all’età adulta. Mi è spesso capitato di dirlo: da insegnante le classi eterogenee sono sempre preferibili: c’è più energia, più sollecitazioni. In questo senso la scuola rappresenta, oggi più che mai, il vero laboratorio antropologico dell’Europa».

Sabrina Penteriani

© RIPRODUZIONE RISERVATA