Giorgio Gori: «Non c’è motivo per non vaccinarci. È una liberazione»

Il sindaco di Bergamo non ha dubbi sulla terza dose anche per evitare un ritorno alla zona gialla, o peggio.

Terza dose? «Già fatta il 17 novembre a Dalmine».
Quindi con convinzione, immagino?
«Assolutamente sì, e senza nessun effetto collaterale come del resto mi era già successo per la prima e seconda dose. Solo un po’ d’indolenzimento al braccio, ma nulla di più». E già che c’era, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, ha fatto «pure l’antinfluenzale. Sapete com’è, comincio ad avere la mia età».
Il messaggio è chiaro: fate la terza dose. E per gli indecisi l’invito è vaccinarsi...
«Non c’è alcuna ragione scientifica per sottrarsi a un’opportunità che garantisce la sicurezza sanitaria a noi e ai nostri cari, evita il replicarsi del virus e limita le varianti. È una scelta di libertà».
Ed evita anche il ritorno all’incubo delle settimane a colori.
«Alle limitazioni delle attività personali e di quelle economiche: tutto quello che abbiamo vissuto in un recente passato e che non vogliamo più rivedere. A Bergamo ci sono state settimane drammatiche, situazioni che si sono trascinate a lungo fino a quando non sono arrivati i vaccini».
La vera svolta in questo dramma...
«Di più, un’autentica liberazione. Per questo non vedo alcuna ragione per non vaccinarsi. Dobbiamo impegnarci tutti per far passare messaggi rassicuranti a chi è ancora diffidente».
Ma perché rimangono ancora questi dubbi, a maggior ragione dopo quello che abbiamo visto proprio nella Bergamasca?
«Non me ne capacito. Anche i casi comunque rarissimi di effetti collaterali non giustificano un atteggiamento del genere: la loro incidenza sul totale dei vaccinati è talmente minima da risultare insignificante anche sul piano statistico».
Al di là delle statistiche, ha mai conosciuto qualcuno che abbia avuto effetti collaterali seri?
«Sinceramente no. Nulla di più che febbriciattola, dolori ossei e stanchezza per un paio di giorni».
E nella cerchia delle sue conoscenze, anche superficiali, le è mai capitato di avere a che fare con dei no Vax convinti?
«Mai, e anche questa è una cosa interessante. Ovviamente so che esistono, li ho visti anche sotto il Comune e non sono nemmeno pochissimi, ma non ho mai avuto occasione di discuterci, cosa che avrei fatto volentieri. Se ci penso bene, sia nella cerchia familiare che delle amicizie, ma anche tra le persone conosciute chessò in vacanza, sono tutti vaccinati e in maniera convinta».
Secondo lei, perché c’è chi dice no?
«L’impressione è che si mescolino tante cose: diffidenza generica verso le comunicazioni ufficiali insieme ad un atteggiamento molto antagonista che però tracima nell’irresponsabilità. La difesa esasperata della propria libertà individuale purtroppo vince sul rischio che quel comportamento possa risultare pericoloso per gli altri, in primis per quelli che non si possono vaccinare».
I più fragili...
«Ecco, e allora diventa un atto di profondo egoismo, anche perché più il virus circola e più aumenta il rischio di varianti».
Un’obiezione che va per la maggiore è quella che alla seconda dose è seguita la terza, poi arriverà la quarta, la quinta e via in crescendo...
«Non vedo il problema. Posto il fatto che gli scienziati ci dicono che la terza dose è destinata a produrre effetti maggiori che la seconda, non avrei difficoltà a dover fare un richiamo ogni sei mesi. Mi preoccuperebbe semmai il sapermi scoperto, che l’effetto del vaccino sia in scadenza e che quindi torno vulnerabile».
Quindi non la spaventa l’ipotesi di proseguire con i richiami?
«Al di là delle difficoltà organizzative comunque risolvibili, non vedo il problema. Va comunque ricordato come la sperimentazione sui farmaci che guariscono la malattia per via orale, pastiglie per capirci, è molto avanzata e stia dando buoni risultati. Quindi il panorama è destinato a cambiare».
Suo fratello Andrea è un noto infettivologo. Ha mai percepito il suo sconforto davanti alle resistenze sui vaccini?
«Per lui sono posizioni semplicemente incomprensibili e credo sia normale per chi fa del metodo scientifico la propria regola di vita. Ma lo sconforto più grande l’ha toccato con mano quando i vaccini non c’erano. La gente s’ammalava e purtroppo moriva: lì sì che è stata davvero dura. Da quando ci sono i vaccini è sicuramente più sollevato, ma comunque sempre allerta».
L’ipotesi che sia necessario l’obbligo vaccinale per uscire da questo incubo la convince?
«Non credo sia facilmente applicabile: con quali strumenti coercitivi potremmo pensare di attuarlo?».
Tra poco invece il vaccino verrà somministrato anche ai bambini sotto i 12 anni...
«Non ho alcuna obiezione in merito, anzi... Ovviamente bisogna attenersi alle indicazioni delle autorità farmaceutiche internazionali e nazionali, ma una volta arrivato l’ok si potrà procedere senza timori».
Ma ne usciamo da questa vicenda?
«Sì, ma non possiamo sapere esattamente quando e come: le cose le stiamo scoprendo un po’ alla volta».
Quindi fidiamoci della scienza.
«E senza alcun dubbio. Non sappiamo ancora quanto durerà questa terza dose e se, nel caso, dovremo farne una quarta o se ci saranno nuovi farmaci che possono sostituire i vaccini, ma siamo assolutamente fuori dalla situazione drammatica che abbiamo vissuto nella primavera del 2020. Ora siamo tenuti con responsabilità a fare tutto il necessario per non tornare a quei giorni».
Quindi è d’accordo con la stretta del governo Draghi?
«Totalmente. E per quel poco che può aggiungere, la nostra scelta di rendere obbligatoria la mascherina nelle aree più frequentate della città mi sembra un contributo di responsabilità. A Bergamo siamo consapevoli più che altrove di cosa sia davvero il Covid, abbiamo pagato un prezzo altissimo e dobbiamo allontanare il più possibile il pericolo. Fosse anche solo quello di tornare in zona gialla».

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