«Ammalati ma uscite lo stesso?
Comportamento irresponsabile»

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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Sfogo di una farmacista - Da chi entra in negozio con sintomi evidenti sento scuse di tutti i tipi. In questa situazione questo modo di fare può essere paragonato a un «omicidio colposo»

Sono una farmacista di 26 anni che vive a Bergamo e lavora in provincia. Scrivo perché sono stanca, sfinita e non dal mio lavoro.

Il lavoro questo periodo, come si può immaginare, è diventato una guerra quotidiana. Ma sono stanca e sfinita da quello che vedo nella comunità. Sicuramente in una delle città più colpite d’Italia ci sono stati enormi esempi di solidarietà e impegno, a partire da medici, infermieri, Oss, Alpini, Protezione Civile, che vengono ricordati da tutti; ma anche da chi semplicemente fa il suo lavoro, nonostante l’emergenza, perché comunque la vita di tutti deve andare avanti e i servizi garantiti.

Scrivo perché purtroppo troppe volte vedo assenza di responsabilità sociale ed egoismo, che in questa situazione possono essere benissimo paragonati a “omicidio colposo”. Eh sì, perché persone che hanno sintomi da Covid-19 o persone che vivono a stretto contatto con malati e che comunque escono, vengono in farmacia o vanno a fare la spesa, sanno di portare con loro un’arma che ucciderà qualcuno.

Oramai non ci sono dubbi sulla pericolosità di questo virus e su cosa provoca, soprattutto in quella parte della popolazione che è più fragile e per questo va protetta. Quindi non si può non pensare che queste persone scelgano consapevolmente di attentare alla sanità pubblica. Può sembrare un’esagerazione, ma non è così.

Tutti i giorni abbiamo clienti con evidenti sintomi o che convivono con persone malate che si nascondono dietro al mancato tampone per uscire, perché tanto «senza tampone» è come non avere la malattia secondo loro. A nulla serve ricordare che le disposizioni ci impongono, anche di fronte a sintomi parainfluenzali, di stare a casa, contattare il medico di base e come minimo fare una quarantena volontaria.

Le scuse per uscire sono le più disparate: «Ma come faccio a prendere le medicine?»; «E la spesa chi me la fa?». Scuse che sono smontate in un minuto se si ricorda loro che esistono volontari e numeri comunali attivati apposta. Perché bisognerebbe ricordare a tutti che l’obbligo di stare in casa oltre che per gli anziani è per tutti, ma soprattutto per chi non ha la certezza di essere portatore di questo maledetto virus.

Queste persone non vengono controllate da nessuno, e ormai stanca di vedere questa situazione decido di denunciare in maniera pubblica qualcosa che sta mettendo a repentaglio tutti noi e lo sforzo immenso che la maggior parte degli italiani sta facendo. Possibile che nel momento in cui viene attivata una richiesta di ossigeno, cosa che purtroppo ci è capitata quasi quotidianamente in queste settimane, nessuno vada a fare quel maledetto tampone all’interessato e metta in quarantena obbligatoria l’intera famiglia convivente?

Scrivo tutto questo dopo 8 ore di lavoro dietro a un vetro di plexiglass, con mascherina e guanti perché noi farmacisti dobbiamo proteggere noi e i nostri clienti. Ma credo che il mio compito non finisca con il dare il farmaco. Io, la mia categoria e tutti coloro i quali hanno un minimo senso sociale devono dire come stanno realmente le cose.

Per lavoro ho la necessità di spostarmi tra due Comuni e fare la strada quattro volte al giorno. Possibile che da oltre 20 giorni a questa parte nessuno delle forze dell’ordine mi abbia mai fermata per chiedermi l’autocertificazione o cosa ci facessi in giro?

(…) Vorrei la verità sui numeri e vorrei che l’immenso sacrificio che stiamo facendo sia corrisposto controllando e punendo chi non rispetta questo sacrificio, chi per le proprie esigenze vanifica tutto quello che stiamo facendo.

Ringrazio invece chi rispetta le regole, chi limita i suoi spostamenti, chi sta a casa, chi lavora, chi facendo tutto questo dimostra di volere bene a sè stesso, agli altri e all’Italia. Un immenso grazie.

Alessandra Mora

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