Insultati dai balconi tricolori
Quando troppo zelo uccide la pietà

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci scrivono per condividere i loro sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.

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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Continuiamo a pubblicare le vostre lettere e messaggi, che arrivano sempre numerosi alla nostra redazione.

I talebani del bene

In questi mesi in cui il mondo si è fermato, ho provato una gamma di sensazioni che mi appartengono da sempre naturalmente, ma che ho percepito con un’intensità nuova: paura, smarrimento, dolore, ma anche orgoglio, pietà, riconoscenza. L’amore per la mia terra di adozione - la Bergamasca -, per la montagna, per il personale sanitario (ho una figlia infermiera in una Rsa di Bergamo), per gli alpini, per il Papa Buono è aumentato a dismisura.

Vorrei però parlare di un momento di disagio che mi ha intristito in questi giorni già così bui.

Abito a 10 minuti a piedi dalla casa di mio papà che ha 91 anni e vive solo al limitare del paese. Ogni giorno, dopo avergli fatto e portato il necessario, sempre standogli a distanza e usando molti accorgimenti per ridurre il rischio di contagio, usciamo dal cortile e facciamo un giretto. La direzione la decide lui : o saliamo verso la montagna e ci addentriamo per 50 metri su un pianoro erboso dove mio padre fa avanti e indietro un paio di volte o stiamo sulla strada e facciamo un piccolo tratto di pedonale in discesa per tenere in allenamento i suoi muscoli ormai stanchi (è stato un formidabile camminatore fin oltre gli 85 anni).

Da quando è obbligatoria la mascherina, la indossiamo tutti e due. Mi risulta che una passeggiata in prossimità della propria abitazione sia consentita e che anziani e disabili possano essere accompagnati dalla persona di riferimento.

Una signora, però, in lontananza, da un balcone sul quale sventola un bellissimo tricolore, al nostro passaggio, si è messa a gridare a squarciagola che è proibito uscire e che bisogna rispettare le regole... Il giorno dopo, sempre da un balcone, un ragazzo ci ha rivolto parole malevole per lo stesso motivo. Ora io mi domando: perché?

Il giro che facciamo noi è su due vie dove anche in tempi non sospetti non si vedeva passare quasi nessuno e non supera i venti minuti. Mi domando ancora: che necessità c’è di inasprire ulteriormente le misure a cui ci assoggettiamo giustamente - e nel nostro caso - scrupolosamente da mesi?

La ricerca di un capro espiatorio

Qual è la molla che spinge delle persone normali a cercare un capro espiatorio? O devo pensare che sia invidia perché tu sei costretto in casa e vedi delle persone fuori? Ma anche un cieco vedrebbe l’età di mio padre, il suo passo strascicato aggrappato ad un bastone.

Mi sembra di vedere delle similitudini con coloro che occupano il posto riservato ai portatori di handicap ritenendolo probabilmente un “privilegio” e vorrei gridar loro: «Volete fare due passi anche voi? Va bene! A patto che prendiate anche gli anni e le gambe di mio papà».

Ho letto da qualche parte che il guaio delle menti chiuse è che hanno sempre le bocche aperte e, aggiungerei io, che non accettano il contraddittorio. Il loro tono aggressivo non ammetteva repliche e non invitava certo a fornire una spiegazione, quindi non ho risposto, ma l’episodio ci ha lasciato l’amaro in bocca e ha rafforzato la mia avversione verso tutti gli atteggiamenti che io chiamo “talebani”, cioè estremisti, esagerati, eccessivi, pieni di quel sacro fuoco che ha incenerito troppe streghe innocenti.

Un’altra amara considerazione: mi viene il dubbio che sia più facile mettere striscioni, fare cori o lacrimucce a favore di telecamera che avere pietà o un briciolo di umana comprensione per una oscura persona qualsiasi, un essere umano come noi, un vicino, un passante.

Siamo diventati fulminei nei giudizi, spietati, mentre basterebbe ragionare con un po’ di calma per arrivare ad una conclusione diversa.

Mi è venuta in mente la frase di un politico francese del passato che diceva ai suoi collaboratori: «Sourtout, pas trop de zele!» (Soprattutto, non troppo zelo!) che mi ha sempre messo in guardia dalle esagerazioni, anche a fin di bene, che possono fare più danni di quanto possa fare il più becero menefreghismo.
Marina Rossi

I miei ricordi

Attraverso le pagine dedicate a questo tema, sono interessanti le riflessioni, i diversi pensieri, le“poesie per vincere la solitudine” ecc. Alcuni giorni fa sulle pagine de L’Eco c’era un articolo che parlava di iniziativa da parte di un gruppo scout.

Mi sono tornate alla mente delle frasi celebri che il fondatore degli scout, Baden Powell riporta nei suoi scritti e che lette nel senso giusto possono essere equiparati alla frase incoraggiante che circola «Tutto andrà bene». Alcuni di queste dicono:

Vedi il peggio ma guarda il meglio.

Butta il cuore oltre l’ostacolo.

Il buon umore è contagioso come gli orecchioni.

Quando t’accorgi che stai guardando lontano, guarda ancora più lontano.

Sforzati sempre di vedere ciò che splende dietro le nuvole più nere.

L’uomo che è cieco alle bellezze della natura ha perduto metà del piacere di vivere.

In questi giorni di primavera, chiusi in casa, abbiamo il tempo di osservare e apprezzare meglio quanto ci circonda, ricordando anche un vecchio detto bergamasco espresso in occasione di avversità che diceva: «Al termina di una valle incomincia una costa».
Antonio Bernardi - Cazzano

La fotografia:

Si intitola «Coronavirus: solidarietà, coraggio, speranza» ed è opera di Elisa Remonti, studentessa della 3a C del liceo artistico Manzù. È un libro formato da pagine sovrapposte, ognuna con una o due fotografie: l’insieme forma un’unica immagine, e la separazione tra gli strati simboleggia il distacco tra le persone, che in questo periodo spesso non possono vedersi. «Le fotografie che ho scelto ritraggono per lo più il mio viso, anche se due non sono mie ma di Alessia, un’infermiera che sta lavorando per fronteggiare l’epidemia; evidenziano i solchi lasciati dagli indumenti protettivi che è costretta ad indossare». Colpisce molto il video realizzato col libro, si può vedere qui: https://tinyurl.com/yayba3qx

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