La preghiera al tempo del virus
Speranza in Chi ha vinto la morte

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci scrivono per condividere i loro sentimenti, i progetti in questo momento di isolamento forzato per combattere il coronavirus. Scrivete al nostro indirizzo email: [email protected] oppure attraverso la pagina Facebook de L’Eco di Bergamo.

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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Tanti i messaggi di chi avverte la sofferenza, in questi giorni particolari del Triduo pasquale, di non poter partecipare alle funzioni religiose.

Suonano le campane delle chiese di Bergamo come nei giorni di festa ma non viene celebrata la messa. Il più importante rito religioso del Cristianesimo cattolico ed ortodosso si è interrotto. Niente segno della pace, non più Santa Comunione.

I devoti che varcano la soglia della casa di Dio, trovano l’acquasantiera vuota ed il tempio muto. Non incontrano lo sguardo benevolo di un sacerdote che possa confortarli e sostenerli in questo momento di bisogno. Tutti sono guardinghi, attenti a mantenere la distanza di sicurezza dai propri simili, bocca e naso coperti dalle mascherine protettive.

Timorosi e composti si rivolgono alla Vergine Maria con silenziose preghiere e richieste di benedizioni. Una soprattutto, che cessi la pandemia. Chiedono che l’invisibile nemico giunto da oriente, e che in pochi giorni si è appropriato delle loro vite, ritorni nell’anonimato e scompaia per tornare alle loro famiglie ed alle loro attività.

Gli affranti contemplano la Croce di Cristo e le lacrime spontaneamente bagnano il viso di chi ha conosciuto da poco ed in maniera inaspettata la sofferenza. Sgorgano dagli occhi di chi ha perso un padre o un amico a causa del virus. Persone care decedute per colpa dell’infezione, in ospedale, in completa solitudine, senza la possibilità di essere tenuti per mano da un familiare prima del trapasso, privati dello sguardo caritatevole di una faccia nota, di una carezza, di un semplice “andrà tutto bene”.

Uomini e donne espropriati dalla vita, strappati alla famiglia all’improvviso. Ricoverati d’urgenza nei reparti di rianimazione, attorniati da medici e infermieri rivestiti da dispositivi di protezione individuali che lasciano scoperti esclusivamente gli occhi.

(...) Morti ed esclusi da una doverosa funzione religiosa, privati della legittima cerimonia di accompagnamento e dei pianti di coloro che li hanno amati, soli, senza un fiore, lontani dalle persone care e con destinazione incerta per la sepoltura a causa dell’affollamento di bare nei cimiteri.

Davanti a tanta tribolazione, per i defunti, per le loro famiglie e per i sopravvissuti tutti, l’unico ristoro è la speranza nel vincitore della morte, il Risorto, che rappresenta la strada maestra da seguire per rendere sopportabile l’angoscia in questa inaspettata emergenza sanitaria che ha investito l’intero pianeta. 
Giovanni Armando Costa

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