«Noi bergamaschi siamo testardi
e non ci abbattiamo facilmente»

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci hanno scritto per condividere i loro sentimenti, i progetti nei momenti di isolamento forzato per combattere il coronavirus.

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci hanno scritto per condividere i loro sentimenti, i progetti nei momenti di isolamento forzato per combattere il coronavirus.

Continuiamo a pubblicare le lettere e i messaggi che ci state inviando in questo periodo segnato dall’emergenza.Tra questi anche ricordi del passato, come quello che ci ha mandato Angelo.

Cinquanta

Cinquant’anni fa lavoravo a Bergamo, in una filiale di una ditta famosissima in Italia.

Ogni tanto dovevo andare alla sede centrale di Ivrea per fare aggiornamenti sui nuovi prodotti che la ditta lanciava. La scuola durava di solito due o tre mesi.

Con me c’erano tecnici che venivano da tante altre parti d’Italia; ricordo che nessuno di questi mi chiamava per nome, tutti mi chiamavano Bergamo.

Alla tradizionale cena di fine corso, l’istruttore si sedeva in parte a me e mi faceva parlare perché gli piaceva la mia pronuncia bergamasca.

Allora io raccontavo di quanto fosse bella Bergamo e Città alta, specialmente al mattino alle sette e mezza, quando mi recavo al lavoro e vedevo le finestre che brillavano sotto l’effetto del sole che stava nascendo, uno spettacolo!

Gli raccontavo le particolarità del nostro dialetto, ad esempio: per la parola “vino” dicevamo semplicemente “i”, pane “pa” ecc.

Gli raccontavo che i bergamaschi hanno un carattere piuttosto chiuso, di poche parole ma di tanti fatti.

Gli raccontavo che noi bergamaschi siamo testardi e non ci abbattiamo facilmente, ”mola mia”.

“Mola mia”, proprio come stiamo facendo ora al tempo del coronavirus, non molleremo e alla fine vinceremo, anche contro il virus.

Ciao


Pier Angelo Pellicioli (76 anni),
di Osio Sotto

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