«Non consultarti con le tue paure
ma con le tue speranze e i tuoi sogni»

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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Bella la testimonianza che ci invia Daniela, al quarto anno delle superiori. Partendo dal suo e nostro vissuto, si interroga su come affrontare in modo umano le incognite del futuro.

Un grido di forza

«I nottambuli»” di Edward Hopper ritrae con incredibile forza, che trasmette solitudine e attesa, l’incubo americano degli anni 40. Ciò che stupisce è come noi, ai giorni nostri, non abbiamo bisogno di viaggiare fino al Art Institute of Chicago per contemplare quest’opera, ma basta uscire di casa e diventare protagonisti di questo malinconico dipinto olio su tela.

Le persone all’interno non comunicano: la coppia non parla (lei gioca, lui fuma), l’uomo ritratto di schiena beve e il barman fissa impietrito la scena. La luce al neon che illumina in modo freddo tutto quello che sta intorno e all’esterno crea un senso di spettralità. Questo quadro lascia lo spettatore sospeso ad una riflessione a cui non trova risposta: si sente un vuoto narrativo e non si sa cosa sia successo prima o accadrà. Questa è la situazione che accompagna l’Italia dal 23 febbraio, con le strade dei nostri paesi che sono vuote, come se non ci fosse più vita.

Nostalgica, ma mai sola!

Per quanto la situazione sembri quasi una pellicola apocalittica non mi sento così sola. Più che solitudine provo nostalgia per gli abbracci ai miei compagni la mattina, la pedana dove sudavo freddo per le interrogazioni, i baci dati al mio ragazzo, le uscite con gli amici il sabato sera e la spensieratezza. Nostalgica, ma mai sola! Ogni giorno mi collego per le mie cinque ore scolastiche e poter vedere tutti mi riempie il cuore di gioia. Il pomeriggio lo passo con i miei genitori e libri, più tardi chiamo (quasi ogni giorno ormai) Pamela e Chiara per parlare del più e del meno e prima di andare a dormire chiamo il mio ragazzo: questa è la routine, ma grazie alla tecnologia ci sentiamo tutti un po’ più uniti, anche se distanti. La storia nel quadro non è narrata: aspettiamo, attendiamo che qualcosa accada, che qualcuno ci dia un segno, che finalmente tutto torni alla normalità e già c’è un inizio positivo, i contagi stanno cominciando a rallentare.

La provocazione della prof

«La speranza, poi, non cessa mai e non delude...o pensi forse che la vita non riprenderà più nel modo normale? Cosa hanno fatto i nostri nonni dopo il secondo conflitto se non sperare e ricostruire?» è la provocazione lanciatami dalla prof di italiano a cui voglio rispondere con le parole di papa Roncalli: «Non consultarti con le tue paure, ma con le tue speranze e i tuoi sogni».

Questo è quello che faccio ogni giorno: confido e attendo che tutti passi e quando scavalcheremo questo male, come Dante nell’inferno, e ci ritroveremo sulla “spiaggia” tutti insieme, facendoci forza a vicenda, ricostruiremo tutto e raggiungeremo la tanto agognata e quotidianità, ma con un guadagno maggiore. Una volta raggiunta la “cima” capiremo che questa è preziosa e che ogni momento va vissuto a piene emozioni e senza mai dare ogni cosa per scontata. Ai giorni nostri questa situazione sembra insostenibile, ma anche se non ce ne rendiamo conto siamo fortunati.

Anna Frank “reclusa” 25 mesi!

Anna Frank è rimasta chiusa 25 mesi in quel piccolo appartamento, senza nessun agio, senza fare nessun rumore per non essere scoperta: quello che stiamo facendo noi non è davvero nulla. Stiamo sacrificando alcune cose, ma per un bene maggiore e un giorno i frutti di questo sacrificio si vedranno. Già oggi, a New York, Bergamo è un esempio di umanità e silenzio nel lavoro duro di chi sta salvando una comunità. La nostra città sta insegnando al mondo che di fronte a questa enorme tragedia l’individuo è dentro una comunità intera. Racconta Stefano Miceli a L’Eco di Bergamo che New York è blindata, desolata, deserta, e che manca la forza della comunità, quella complicità di un individualismo responsabile l’uno per l’altro. Hopper, con la sua opera, indaga il disagio umano dell’uomo newyorkese degli anni 40 e non solo. Sono fiera di essere bergamasca, perché stiamo reagendo con una tale forza da colpire una delle più grandi metropoli al mondo, e ciò che arriva non è un urlo di disperazione ma un grido di forza.
Daniela Gotti(4a linguistico, scuola La Traccia di Calcinate)

La fotografia:

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