Pietà cristiana in rianimazione

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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Sono tante le storie di dolore che in queste settimane ci state inviando e che pubblichiamo, ma tante sono anche le storie di Bene, di speranza, di anticipo della Resurrezione, anche in questa situazione dolorosa che stiamo vivendo. Come la lettera che Grazia ci ha inviato.

Mi ritrovo da un mese come tutti a vivere isolata con mio marito, nel privilegio di non esserci ammalati, né di avere subito la perdita di persone care anche se, fin dai primi giorni, addolorata per la sofferenza di molti amici e conoscenti e con una grande domanda su cosa chiede a me tutto quello che sta accadendo e come poter contribuire ad aiutare e alleviare tanto dolore.

Qualche settimana fa uno dei miei quattro figli che vive e lavora a Roma ci ha comunicato la decisione di tornare temporaneamente a Bergamo, chiedendo al lavoro tutte le ferie possibili, per isolarsi con moglie e figlie. Questo perchè mia nuora, infermiera, sentite le urgenti necessità si era resa disponibile a lavorare in un reparto di rianimazione dei nostri ospedali.

«Ma perchè lo fate?«

Alle mie ansiose domande: «perché lo fate? Non è rischioso? E tu ce la farai a tenere le piccole?», mio figlio mi ha risposto semplicemente: «Mamma, siamo in guerra!».

Mi ha colpito questa risposta certa che non lasciava spazio a indecisioni circa la necessità di rispondere a un bisogno tanto grande; certezza che io, più vecchia e navigata di lui sicuramente in quel momento non avevo.

In questi giorni ho potuto verificare che pur nel sacrificio di aver cambiato casa, abitudini, pur nella fatica di vedere poco la mamma e anche quel poco bardata e protetta, le piccole vivono una spensieratezza e una docilità che sicuramente respirano in casa e leggono negli occhi dei loro genitori consegnati a una Chiamata grande.

Mi sono vergognata di come a volte ci permettiamo di giudicare i nostri figli o i giovani di oggi pensandoli un po’ imborghesiti e incapaci di sacrifici (mentre i nostri nonni in guerra...) e ho riflettuto sul fatto che ai piccoli basta “guardare” qualcosa di grande che accade attorno a loro per affidarsi e non vivere nella paura.

Mia nuora ci ha raccontato anche della sofferenza nel vedere che i corpi di coloro che muoiono per il virus, non potendo più essere dignitosamente ricomposti e visitati dai loro cari, vengono solamente chiusi in sacchi debitamente sanificati. Con questo struggimento nel cuore ha chiesto aiuto ad amici sacerdoti che ogni giorno la sentono e sostengono e che le hanno suggerito sia una minima cura per il corpo come segno dell’azione salvifica di Cristo e della sua Chiesa, sia la preghiera che lei stessa può recitare per la concessione dell’indulgenza plenaria.

La virtù della pietà cristiana

Mi sono commossa perché credo non sia scontato che a una dedizione sicuramente eroica da parte di chi di questi tempi lavora in ospedale, si accompagni la virtù della pietà cristiana. Ma come si può avere in cuore una simile preoccupazione se non perché a nostra volta facciamo esperienza di essere continuamente guardati, curati ed abbracciati con la stessa premura dentro la vita della Chiesa, nella compagnia di Cristo presente in volti precisi! Volti come quelli degli amici sacerdoti, ma come tanti altri che in questi giorni ci aiutano ad abbracciare tutto il dolore e la fatica vincendo la paura perchè certi della speranza della Resurrezione di Gesù e con Lui quella dei nostri cari defunti.

Il mio contributo allora è sì la preghiera di ogni giorno per i miei figli, per mia nuora e i suoi malati, per chi soffre e chi muore ma soprattutto la domanda che questo periodo sia un’occasione per “guarire” innanzitutto dalla dimenticanza, dalla scontatezza, dal lamento e superficialità con cui spesso vivo.

Che sia per me, come lo è per la famiglia di mio figlio, ma spero anche per tutti voi una possibilità di cambiamento e di rinascita!

Buona Pasqua a tutti!
Grazia

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