«Biopsia liquida», un’arma in più
contro il tumore al cervello

È basata su un prelievo di sangue e aiuta a predire la prognosi del tumore più aggressivo del cervello, il glioblastoma.

Una biopsia basata su un prelievo di sangue – la biopsia liquida – aiuta a predire la prognosi del tumore più aggressivo del cervello, il glioblastoma, e anche a personalizzare le terapie, perché contribuisce a svelare i danni genetici e molecolari alla base della malattia. È il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista «Clinical cancer research» e condotto presso l’Abramson cancer center della University of Pennsylvania.

La biopsia liquida misura la concentrazione nel sangue di Dna tumorale libero (cioè direttamente circolante nel sangue). Gli esperti hanno anche visto che con la biopsia liquida si può tracciare l’identikit genetico e molecolare del tumore, cioè verificare quali sono i cambiamenti genetici alla base della malattia o anche addirittura individuare aspetti del tumore che potrebbero sfuggire alla classica biopsia invasiva.

«Non si tratta del primo studio di biopsia liquida sul glioblastoma – ha dichiarato la coordinatrice del lavoro, Erica Carpenter, in un’intervista all’agenzia di stampa “Ansa” –. Cionondimeno questo studio è il primo a mostrare che la biopsia liquida basata su un prelievo di sangue potrebbe avere un valore prognostico per questa malattia». Il glioblastoma è un tumore molto aggressivo con bassissimo tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi. È anche un tumore molto subdolo, perché può insorgere da più di un difetto genetico-molecolare e quindi in genere necessitare di una combinazione di diverse tipologie di trattamento. Il problema è che con la biopsia classica, che peraltro è invasiva e richiede un intervento neurochirurgico, non si riescono mai a scovare tutte le modifiche genetiche e molecolari alla base del tumore. In genere il paziente deve essere sottoposto anche a più di una biopsia per avere un quadro chiaro della malattia, via via che questa progredisce. In questo studio pilota su 42 pazienti gli esperti hanno visto che l’esito del prelievo è predittivo della prognosi del singolo paziente: infatti, le chance di sopravvivenza sono maggiori nei pazienti che presentano meno tracce di Dna libero circolante nel sangue.

Inoltre la biopsia liquida individua danni genetici e molecolari alla base della malattia che spesso sfuggono alla biopsia tradizionale. «Quindi la biopsia liquida potrebbe avere anche un valore diagnostico e di orientamento terapeutico – ha proseguito Carpenter – sia perché potrebbe migliorare la nostra capacità di monitorare la malattia via via che progredisce, sia perché potrebbe fornire più informazioni sui difetti genetici presenti nel tumore». Trattare il glioblastoma richiede di fatto una combinazione di terapie, ha aggiunto, per colpire le diverse modifiche genetiche che danno vita al tumore. Poiché questo studio mostra che la biopsia liquida potrebbe essere in grado di identificare le «mutazioni» (i difetti genetici) non identificabili con la normale biopsia del tessuto tumorale, integrare la tradizionale biopsia con quella liquida potrebbe portare a scelte terapeutiche più efficaci. Si tratta di «risultati veramente esaltanti – ha concluso l’esperta – ma da confermare con future ricerche».

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