Reflusso,la chirurgia
è soltanto l’estrema ratio

Nel nostro Paese colpisce tra il 25 e il 30 per cento della popolazione, più che in Europa.

l reflusso gastroesofageo può avere sintomi esofagei o extraesofagei. Molte persone accusano sintomi tipici come bruciori, rigurgiti e dolore toracico non cardiaco mentre altre lamentano tosse, asma, erosioni dentali, sensazione di nodo alla gola e laringiti con raucedine. Ne parliamo con Roberto Noris, gastroenterologo di Humanitas Castelli.

Dottor Noris, quante sono le persone che soffrono di reflusso gastroesofageo?

«È una condizione che colpisce circa il 10-20% della popolazione in Europa e in Italia il 25-30% , mentre è meno frequente nelle popolazioni asiatiche».

Da cosa è causata?

«La malattia si verifica quando il contenuto gastrico risale in esofago e viene in contatto con la mucosa che lo riveste. È bene ricordare che esiste un reflusso fisiologico, perché il passaggio di acido dallo stomaco all’esofago avviene normalmente durante la giornata, soprattutto dopo aver mangiato. Tuttavia questi eventi, superata una determinata soglia, possono determinare danni alla mucosa esofagea. Le cause possono essere alimentari, anatomiche, funzionali, ormonali e farmacologiche. Il tono dello sfintere esofageo inferiore (zona di passaggio tra esofago e stomaco) costituisce una barriera pressoria contro il reflusso ed è il componente più importante del meccanismo anti-reflusso. Quando la pressione della zona si riduce, ad esempio, con le eruttazioni il materiale acido e non-acido può risalire dallo stomaco all’esofago e, questo, avviene anche in condizioni normali. Altri fattori predisponenti sono il ritardato svuotamento gastrico, l’alterata motilità dell’esofago, la funzione salivare e la resistenza della mucosa esofagea. Quindi, se la quantità e la durata del reflusso superano una determinata soglia si sviluppa la Malattia da Reflusso Gastroesofageo. La pressione della giunzione tra esofago e stomaco mostra considerevoli variazioni diurne ed è influenzata dalla dieta, dagli ormoni circolanti e da alcuni farmaci. Un aumento della pressione intra-addominale, come nelle persone in sovrappeso e nelle donne in gravidanza, predispone maggiormente al reflusso».

Come avviene la diagnosi di reflusso gastroesofageo?

«Dopo una visita specialistica, il gastroenterologo decide se procedere con indagini strumentali come una gastroscopia (EGDS) che consente di esaminare l’esofago, lo stomaco ed il duodeno, e di effettuare piccoli prelievi di mucosa (biopsie). Esistono poi alcuni esami di secondo livello: la Manometria Esofagea, utile ad esempio per valutare se ci sono anomalie della motilità dell’esofago (peristalsi), e propedeutica alla pH-impedenziometria delle 24 ore, esame che consente di monitorare la quantità e il tipo di reflusso nell’arco della giornata. L’esame radiologico del tubo digerente che studia la morfologia dell’esofago, stomaco e prime parti dell’intestino tenue viene, attualmente, eseguito solo su indicazioni particolari».

Quali sono le possibili terapie?

«La guarigione passa dalla ri-educazione alimentare e dello stile di vita per ridurre il peso corporeo, evitare gli alimenti che potrebbero peggiorare l’acidità e fare proprie delle buone abitudini: non coricarsi subito dopo i pasti e consumare un pasto leggero alla sera. Se questo non fosse sufficiente, si intervenire farmacologicamente con antiacidi, utili però solo come rimedio sintomatico non essendo in grado di guarire la mucosa esofagea da eventuali erosioni (esofagite). Lo specialista potrebbe prescrivere inibitori della pompa protonica che bloccano la produzione di acido, capaci di agire in maniera più efficace sulle erosioni a livello dell’esofago. Può essere utile una terapia procinetica che aiuta lo svuotamento dell’esofago e dello stomaco. Ultima alternativa è la chirurgia, in linea di massima riservata alle persone che non rispondono ai farmaci e che presentano problemi anatomici, come l’ernia iatale, ma solo su indicazione specialis

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