Rischio tumore
per uno su due

«Cinquanta anni fa si ammalava di tumore una persona su 20, oggi quasi una su 2» ma, nonostante questa forte crescita, l’obiettivo era e resta quello della mortalità zero. Lo strumento, indica l’oncologo Umberto Veronesi, è un «grandissimo progetto di prevenzione» per abbattere i fattori di rischio ambientali e personali, legati agli stili di vita.

Ma nell’armamentario contro i tumori resta strategica la ricerca, alla quale come ogni anno è dedicata la giornata e la cerimonia dell’Airc in Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Siamo progredendo, parliamo della ricerca e di un’Italia che studia, lavora e si migliora. Parliamo di un’Italia che anche politicamente deve farsi più matura per far sue queste direttrici di impegno condiviso», ha detto il Presidente. E a parlare a nome dell’Italia che crede nella meritocrazia c’è stata una giovane ricercatrice, la biofisica del Cnr di Napoli Anna Chiara De Luca, che ha lasciato l’Italia per lavorare in Scozia e ed poi tornata.

«Ma tornare in Italia - ha spiegato - deve essere un’ambizione non un sacrificio» In Italia la sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi di tumore ha raggiunto il 53%, con una riduzione della mortalità in tutte le aree del Paese. Questa percentuale di sopravvivenza pone l’Italia al terzo posto in Europa, nonostante una popolazione in costante invecchiamento. Un esempio: in Italia nel 1990 morivano 40 donne ogni 100 mila colpite dal tumore alla mammella; oggi sono 20, la metà, ha riferito il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. In totale sono 1,3 milioni gli italiani guariti dal tumore, dunque non più «il male incurabile» ma sempre più una malattia cronica.

«I livelli di risposta della popolazione verso l’attività di prevenzione sono più che incoraggianti: in un anno sono state circa 1,5 milioni le donne tra i 50 e i 69 anni sottoposte a screening. I programmi di screening riducono di oltre il 45% la mortalità. Dobbiamo insegnare ai bambini e ai loro genitori che la prevenzione è un dovere e non una scelta, fa parte dei doveri civici che ognuno di noi assume nei confronti di se stesso e della società» ha aggiunto il ministro. Un appello ai buoni stili di vita condiviso con Veronesi che divide la lotta ai tumori in due grandi aree: controllare e abbattere le sostanze che nell’ambiente possono produrre tumori ed eliminare i comportamenti pericolosi. «Serve - ha concluso l’oncologo - convincere la popolazione a partecipare a questo programma». «Ma troppe rimangono le differenze per l’accesso agli screening e in qualche caso alle cure» ha sottolineato il ministro che ha ricordato le liste d’attesa e l’appropriatezza delle prestazioni come obiettivi del Patto della salute.

Il finanziamento della ricerca oncologica attraverso la ricerca corrente è valsa, dal 2008 al 2012, circa 50 milioni di euro anno; nello stesso quadriennio altri 8 milioni di euro l’anno sono stati destinati ai soli IRCCS oncologici mentre 16 milioni sono andati a tutti gli altri partecipanti (Regioni, aziende ospedaliere) ai quali il conto capitale ha destinato nell’ultimo biennio altri 6 milioni di euro anno. «L’investimento complessivo - ha quindi aggiunto - è intorno ai 55 milioni per anno per i soli IRCCS oncologici. Non sono certo le cifre che si mobilitano in paesi come gli Stati Uniti, per questo dobbiamo pensare a modi nuovi di attrarre investimenti nella ricerca che deve diventare una nostra priorità: ci aiuta infatti ad aumentare il benessere dell’Italia sia dal punto di vista della salute, sia da quello delle economie ad essa collegate».

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