Sempre più protesi d’anca
Utile la via anteriore diretta

Chirurgia mininvasiva Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse verso tecniche chirurgiche che consentono un più rapido ritorno alla normalità.

Nell’attuale ambito sociale, caratterizzato da un aumento della vita media della popolazione, si è verificato conseguentemente un incremento delle patologie di tipo degenerativo artrosico. Paolo Prati, direttore dell’Ortopedia e Traumatologia 1 dell’Ospedale Treviglio-Caravaggio ci spiega come riconoscerne i sintomi: «L’artrosi si manifesta con un dolore profondo e sordo ad articolazioni quali ginocchia, anche, dita di mani e piedi, colonna vertebrale. Caratteristiche comuni sono rigidità mattutina, rumori di scroscio articolare, limitazioni nel movimento e deformità articolari. La sintomatologia tende a peggiorare nel corso degli anni». Si osserva pertanto un aumento della necessità di eseguire interventi chirurgici di protesizzazione delle grandi articolazioni.

Tra tutte le artrosi, quella dell’anca è la patologia degenerativa maggiormente incidente (oltre il 50% tra tutte le artrosi); in Italia attualmente si eseguono circa 108.000 interventi di protesizzazione dell’anca all’anno, di cui l’88% a causa di artrosi (nel 2010 erano circa 90.000). Negli ultimi anni si nota che una popolazione sempre più giovane, in età lavorativa ed attiva, necessita di questo tipo di intervento, per ripristinare l’autonomia precedente, anche con un recupero abbreviato per la ripresa dell’attività lavorativa in tempi più brevi. Da queste considerazioni scaturisce l’interesse nei confronti di innovazioni che permettano di gestire al meglio l’evento protesi dell’anca. Le modalità di esecuzione di tale intervento hanno avuto una evoluzione migliorativa anche in relazione all’innovazione dei materiali, che ha consentito di rivolgersi ad una popolazione più giovane e necessitante di una ripresa funzionale precoce.

Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per le tecniche chirurgiche mininvasive, ed in particolare per la «via anteriore diretta mininvasiva», che rappresenta una vera innovazione in tal senso, e che viene praticata in Italia solo nel 17% degli interventi di protesizzazione dell’anca in elezione, in quanto non si tratta di una tecnica chirurgica di facile esecuzione, prevedendo una curva di apprendimento lunga ed impegnativa con un graduale addestramento del chirurgo.

Ma cosa prevede l’intervento? «L’intervento mini invasivo prevede l’inserimento di una protesi articolare attraverso un’incisione cutanea ridotta, con il rispetto delle strutture muscolari, capsulo-legamentose e neurologiche, ed un risparmio di tessuto osseo, avendo perciò un minimo impatto sui tessuti molli, in quanto prevede di passare attraverso gli spazi muscolari senza lederli e rispettando le strutture che si trovano attorno all’articolazione dell’anca». Quali sono i benefici associati a questa tecnica e quali i pazienti candidabili? «I benefici sono: la precoce ripresa funzionale rispetto agli accessi tradizionali, la ridotta incidenza di lussazione dell’impianto protesico e il ridotto utilizzo di analgesici. Può essere adottata sulla maggior parte dei pazienti con artrosi dell’anca, salvo che nelle displasie gravi e nelle revisioni complesse di precedenti interventi chirurgici, per le quali si propende per la via chirurgica classica».

Dopo la chirurgia, il «Fast Track»recupero funzionale rapido Alla tecnica chirurgica mininvasiva segue un recupero funzionale rapido, il «Fast Track»: un processo riabilitativo in cui il paziente diviene soggetto attivo, al centro del team multidisciplinare (medico, infermieristico e fisioterapico). Questo metodo permette di accelerare il recupero post operatorio, gestire adeguatamente il dolore post operatorio, ridurre le complicanze, migliorare la qualità delle cure, ottimizzare le risorse. Tutto ciò per permettere la dimissione del paziente pronto ad affrontare un recupero veloce delle normali attività con un percorso riabilitativo domiciliare e non più necessitante, se non in casi selezionati, in struttura riabilitativa. Nell’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia 1, già dal 2013, si esegue la tecnica chirurgica «mininvasiva anteriore diretta» all’anca, associandola alla metodica del «Fast Track».

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