Politica, i nati negli anni ’60
non hanno fatto carriera

Virginia Raggi 37 anni, Chiara Appendino 32 anni. Sono trentenni le due nuove sindachesse di Roma e di Torino per il Movimento Cinque Stelle, che tra gli uomini di punta ha Luigi Di Maio, 29 anni, e Alessandro Di Battista, 37 anni. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha 41 anni; il suo governo, in carica dal 22 febbraio 2014, ha l’età media più bassa, 48 anni, nella storia della Repubblica.

All’opposizione, Matteo Salvini ha 43 anni, Giorgia Meloni 39. Irene Pivetti ha ora 53 anni e divenne presidente della Camera a soli 31 anni, ma da qualche tempo, pur essendo più giovane di colei che regge adesso quella carica, Laura Boldrini (55 anni), è più un personaggio televisivo che politico.

Chi è nato negli anni Sessanta ha l’impressione di essere stato scavalcato dalla politica. O, forse, che nessuno della stessa generazione sia stato in grado di imporsi nella gestione della cosa pubblica. Eppure, in Italia gli anni con più nati sono stati il 1964 (furono 1.035.207) e il 1965 (1.017.944).

Chi è cresciuto all’ombra di Craxi, Andreotti e Forlani si è poi ritrovato tra Berlusconi e Prodi, ora, rispettivamente, 79 e 76 anni. Una stagione ventennale, conclusa da Monti, 73 anni. In pratica al governo c’è sempre stato, probabilmente troppo a lungo, chi aveva l’età dei nonni e dei padri. Nato negli anni Sessanta era Enrico Letta: ma il suo governo è rimasto in carica meno di dieci mesi. Poi sono arrivati la rottamazione renziana e i trentenni grillini. Insomma, dai padri ai fratelli minori o addirittura ai figli.

Non è un problema solo italiano. Obama è nato nel 1961: i suoi otto anni di presidenza, però, sono al traguardo. Arriveranno Hillary Clinton, 68 anni, o Donald Trump, 70 anni. In Europa Angela Merkel, François Holland e Mariano Rajoy hanno 61 anni. Brexit o non Brexit, va meglio nel Regno Unito: David Cameron ha 48 anni, il suo rivale Boris Johnson 50.

Verosimilmente un’intera generazione, che in Italia è la più numerosa della storia, paga la longevità politica dei nonni e dei padri, subendo, ora, l’avanzata dei trentenni. Chi ha finito gli studi nell’era delle macchine per scrivere è già oscurato dai nativi digitali. Che peccato!

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