Supercaldo e incendi
Il clima impaurisce

I cambiamenti climatici impauriscono. La siccità provoca addirittura morte in certe parti del mondo, le più povere. Gli impatti più pesanti del riscaldamento globale, infatti, ricadono sui Paesi in via di sviluppo, particolarmente colpiti dalla rivoluzione del clima. La vera, enorme emergenza della nostra epoca, di cui si parla ancora troppo poco, mentre dovrebbe essere in testa all’agenda di ogni vertice internazionale. L’origine anche del tragico aumento dei migranti, in fuga dalla miseria aggravata dal degrado ambientale.

L’estate in corso è caratterizzata da incendi in Europa, dalla Grecia alla Svezia. La calura, inedita nel Nord, è destinata a durare. Temperature eccezionali e roghi forestali, di vastità senza precedenti, si sono visti in Scandinavia, con punte inaudite di 34 gradi in Lapponia, a ridosso del Circolo polare artico. In Svezia sono andati in fumo 25 mila ettari di bosco. Le immagini di enormi estensioni di conifere in fiamme o bruciate evocano scenari apocalittici.

Flussi di aria nordafricana hanno invaso la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra. Le temperature hanno segnato il record assoluto per luglio in molte zone del Regno Unito, sfiorando la massima mai registrata nel Paese, i 38,5 gradi toccati il 10 agosto 2003 – durante la prima estate del supercaldo – a Faversham, vicino a Canterbury. Temperature altissime nel Nord della Francia, con 37,6 gradi, per esempio, a Lilla; 38 gradi a Colonia e a Berlino, mentre nella Bassa Sassonia, in un solo giorno, sono stati richiesti 350 interventi della guardia forestale per incendi: un numero record.

Anche in Italia, e nella Bergamasca, caldo intenso, con afa, avvertita soprattutto al Nord, più umido. Il disagio è percepito, in particolare, nelle ore serali, a causa dei valori minimi notturni, che non scendono al di sotto dei 20 gradi nelle aree pianeggianti e costiere e sono addirittura superiori nei grandi centri urbani.

I ricercatori della rete «World Weather Attribution» hanno confrontato le temperature più alte di questo scorcio d’estate con quelle attestate negli anni precedenti, fino all’inizio del Novecento. Sono arrivati all’inevitabile conclusione – un avvertimento per chi ancora si intestardisca nello scetticismo o nel negazionismo – che «il riscaldamento climatico rende ormai più probabili questi fenomeni». In Paesi del Nord Europa, come Olanda, Danimarca e Irlanda, tali probabilità sono cresciute del doppio.

Il riscaldamento globale è un fatto, non un’opinione, ed è provocato, a giudizio degli scienziati, dall’aumento di anidride carbonica, prodotta dalle emissioni dei combustibili fossili. È il noto effetto serra. Nell’era preindustriale il dato atmosferico era di 280 parti di anidride carbonica per milione. Nel 1915 è stata superata la barriera tra le 299 e le 300 parti per milione. Oggi, dopo poco più di cent’anni, si è andati sopra le 400, un valore destinato a restare per generazioni. L’uomo, con l’uso dei combustibili fossili, immette nell’atmosfera – come anidride carbonica – quanto la natura, in milioni di anni, ha stoccato in colossali giacimenti organici sotterranei, che, nell’arco di poco tempo, letteralmente, stiamo polverizzando. Dal 1964 al 2017 le temperature globali medie sono salite di 0,17-0,18 gradi a decennio, un dato corrispondente alle previsioni basate sui cambiamenti climatici indotti dall’uomo. L’anno scorso la temperatura media del pianeta è stata di 1,1 gradi più alta rispetto al 1850, ovvero all’era pre-industriale, a causa del riscaldamento globale. Nonostante questo, c’è ancora chi dubita che la causa dell’inedita emergenza siano le emissioni di gas serra generate dall’uomo. A costoro rispondiamo che, poiché non possiamo accendere e spegnere il sole e i vulcani, possiamo, però, ridurre le emissioni, pensando alle future generazioni. I cambiamenti avvenuti sono già irreversibili. Ora si tratta di limitare il rischio e contenere il danno: significa che oggi dobbiamo scegliere se avere un pianeta più caldo di 2 gradi oppure di 5. Più aumentiamo la temperatura terrestre, più ci esponiamo al rischio di mutamenti drastici. Non serve catastrofismo ma prevenzione, che in Italia, purtroppo, è storicamente carente. Siamo un Paese che mostra il meglio di sé nelle emergenze ma che, poi, si siede sugli allori. Ormai da anni, dal mondo dell’agricoltura, arrivano allarmi per la diffusione di insetti tropicali e la maturazione anticipata dei prodotti, che potrebbero portare all’estinzione di molti tipici «Made in Italy», di cui tanto ci pavoneggiamo.

«Dovremmo evitare – ha scritto Papa Francesco nel messaggio alla Conferenza sulla Convenzione-Quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici a Bonn – di cadere in questi quattro atteggiamenti perversi, che certo non aiutano la ricerca onesta e il dialogo sincero e produttivo sulla costruzione del futuro del nostro pianeta: negazione, indifferenza, rassegnazione e fiducia in soluzioni inadeguate». Si tratta, in concreto, prosegue Papa Bergoglio, citando la propria enciclica «Laudato si’», «di far propagare una “coscienza responsabile” verso la nostra casa comune».

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