La transizione economica trasforma tutto il territorio

Il mondo punta sull’industria verde e la transizione energetica, sulla scia del Green Deal europeo. Il cambiamento è epocale e coinvolge anche una provincia globalizzata come quella bergamasca. Quali sono le sfide che ci attendono?

La transizione verde rappresenta il principale motore del cambiamento strutturale e dell’innovazione a livello globale: occorre ricordare che non solo l’Europa ha avviato l’European Green Deal (dal 2019), ma anche gli Stati Uniti hanno lanciato, tramite l’I.R.A. - Inflation Reduction Act (2022), un insieme di misure per promuovere la transizione energetica e le industrie verdi.

Allo stesso modo, la Cina, nel suo 14° Piano quinquennale (2021) ha incluso politiche industriali per lo “sviluppo verde”, dando priorità all’industria automobilistica e alla manifattura 4.0. L’India ha approvato l’India Energy Conservation Act – Amendment (2022) e anche il Brasile ha lanciato il Nuovo PAC - Programa de Aceleração do Crescimento (2023) - con un investimento di 347 miliardi di dollari. Questo insieme di politiche aprirà opportunità di crescita senza precedenti per lo sviluppo industriale verde nel mondo.

L’economia bergamasca è da lungo tempo interconnessa con i sistemi produttivi e commerciali mondiali e perciò deve necessariamente affrontare la profonda trasformazione che è richiesta dalla transizione verde. Per l’industria significa “decarbonizzare” prodotti e processi, ossia eliminare tutto ciò che produce anidride carbonica (CO2).

Si usa l’espressione inglese “Net-zero” per indicare un obiettivo a somma zero di abbattimento della CO2

, per raggiungere il quale, da un lato, si cerca di ridurre al minimo le emissioni, dall’altro, si cerca di compensare quelle non evitabili con crediti generati dalla realizzazione di sistemi che le assorbono, come nel caso della piantumazione di alberi. Si tratta di un percorso che ha diverse implicazioni per la competitività e lo sviluppo sostenibile del sistema bergamasco.

In questo articolo consideriamo gli impatti della transizione energetica, che influiscono su due grandi vettori di sviluppo: la rigenerazione del sistema territoriale e la rigenerazione delle filiere industriali.

Rigenerazione del sistema territoriale

La transizione energetica ha un impatto inevitabile sulla riqualificazione del territorio, prestando particolare attenzione alla diversificazione delle fonti di energia, alla trasformazione dei sistemi di mobilità e di infrastrutture, alla promozione della rigenerazione delle aree urbane, e ha un impatto sull’ambiente costruito a vari livelli, promuovendo un uso circolare delle risorse nei processi industriali ed edilizi. Non contribuire a questa dinamica comporterebbe un allontanamento da un paradigma di sviluppo in linea con le nuove sfide globali e la perdita dell’opportunità di essere inclusi nei sistemi territoriali europei avanzati.

La rigenerazione del sistema territoriale è un processo che si realizza attraverso progetti collaborativi con una rete di attori locali che applicano idee innovative con risorse appropriate.

Un esempio di rigenerazione urbana mediante un processo di apprendimento attivo è quella avviata a Monaco di Baviera. Il progetto è stato sviluppato con l’Università bavarese TUM, denominato “Autoreduzierte für eine lebenswerte Stadt” o “quartieri a bassa densità automobilistica per una città vivibile”. Tale progetto ha una struttura multidimensionale e ha identificato 14 azioni che mirano a trasformare alcune aree della città riducendo il numero di automobili e l’emissione di CO2, trasformando le strade in percorsi verdi per le famiglie e creando un’infrastruttura elettrica multi-modale. Queste azioni consentono di trasformare la città riducendo le emissioni di CO2, diminuendo il traffico, incrementando le aree verdi e migliorando significativamente la qualità della vita dei cittadini.

Rigenerazione delle filiere industriali

In secondo luogo, è importante guardare all’impatto della transizione energetica sulla trasformazione della struttura delle filiere industriali che, per un territorio come quello bergamasco con una forte vocazione manifatturiera, ha grandi implicazioni e richiede una notevole disponibilità di fonti energetiche rinnovabili. In esso, infatti, troviamo industrie “hard to abate” (nelle quali abbattere le emissioni di CO2 è particolarmente arduo) con tecnologie di trasformazione non facili da decarbonizzare e che richiedono un’ampia diversità e disponibilità di energie rinnovabili. Questo processo va oltre la capacità di investimento di ogni singola impresa coinvolta, poiché richiede la trasformazione del sistema energetico territoriale.

A questa complessità si aggiungono, da un lato, la necessità di disporre di capitale umano con nuove conoscenze per le industrie verdi, capace di innovare, progettare e implementare la transizione Net-zero, dall’altro, l’urgenza di promuovere una “transizione giusta”, che risulta essere elemento centrale per rispondere alle inevitabili sfide sociali, anche in collaborazione con gli attori del terzo settore e dell’economia sociale.

La transizione Net-zero consente quindi di affrontare le grandi sfide secondo molteplici dimensioni fortemente interconnesse tra loro: smart grid, tecnologie verdi, mobilità e infrastrutture, housing sostenibile, economia circolare per materiali e rifiuti, capitale umano, inclusione e lavoro, ecc. Ciò significa, tra le altre cose, che gli investimenti e gli strumenti di finanziamento necessari per sostenere questo complesso processo avranno varie ricadute in diverse industrie, non solo locali, creando importanti opportunità economiche e di generazione di posti di lavoro. Si considerino, ad esempio, le politiche verdi applicate in Germania e in Italia alcuni anni fa, specialmente nel settore dei pannelli solari, che hanno finito per beneficiare le industrie di produzione cinesi: in questo caso, l’indotto generato dalla transizione non è riuscito a impattare significativamente sullo sviluppo del sistema industriale locale.

Per non ripetere alcuni di questi errori del passato, è necessario un processo di coordinamento con i vari attori del territorio affinché la transizione Net-Zero adotti un modello di economia circolare non solo a livello di gestione dei flussi di materiali ma anche di esternalità economiche positive che beneficiano il territorio.

Non si tratta di applicare una visione localistica, ma di promuovere filiere industriali più integrate e inclusive dal punto di vista dell’innovazione tecnologica, della generazione di lavoro e della transizione giusta.

In questo orizzonte, un recente rapporto di McKinsey (2022) stima che circa $12 trilioni di vendite annuali saranno generare entro il 2030 in undici aree di opportunità di mercato per le industrie verdi, tra cui il trasporto (da $2.300 miliardi a $2.700 miliardi all’anno), l’energia (da $1.000 miliardi a $1.500 miliardi) e l’idrogeno (da $650 miliardi a $850 miliardi).

Gli impatti sul mercato del lavoro

Oltre alla nuova dimensione di mercato dei beni e servizi che la transizione genererà, fattore centrale nel processo sarà anche l’impatto sul mercato del lavoro, anche a fronte degli effetti positivi e negativi sull’occupazione, in relazione alla specifica struttura industriale e al tipo di energia utilizzata nei differenti territori.

Secondo uno studio del Network for Greening the Financial System 2021 (scenari Net Zero 2050), i principali settori a livello mondiale con crescita e perdita nei posti di lavoro nella transizione a zero emissioni saranno quelli indicati nella Figura 3. L’agricoltura sarà nel complesso il settore con maggiori capacità occupazionali e questo è un dato importante per le nazioni dove l’agricoltura è ancora fondamentale. Ma è da segnalare anche l’industria automobilistica che presenta forti vulnerabilità ma anche importanti opportunità. Più in generale, le realtà che vedranno un aumento dell’occupazione saranno quelle che riusciranno a inserirsi nelle catene di valore globali della produzione di energia e tecnologia verde; allo stesso modo, quelle che subiranno il maggiore impatto negativo saranno quelle la cui base industriale di produzione di beni e servizi non sarà in grado di trasformarsi e affrontare la concorrenza internazionale.

Quindi, per i paesi industrializzati e, in particolare, per i sistemi legati all’industria del trasporto e della energia, la transizione energetica avrà un impatto decisivo sull’occupazione (positivo o negativo); il segno dell’impatto dipenderà dalla capacità dei territori di affrontare adeguatamente i cambiamenti strutturali necessari.

Ciò apre a sua volta la necessità di una transizione Net-zero che sia in connessione con il contesto internazionale, decisivo per includere le catene di valore globali, nelle quali l’industria manifatturiera di Bergamo ha già saputo integrarsi in modo eccellente, a sostegno della sua crescita dinamica e della sua resilienza. Tali catene del valore si stanno trasformando ulteriormente e la domanda dell’industria “green & digital” sta creando un mercato globale senza precedenti.

In questo processo, infine, non vi è solo la prospettiva di nuovi mercati, ma anche la necessità di nuove fonti di approvvigionamento di risorse strategiche per le filiere industriali verdi, creando alleanze e promuovendo investimenti strategici nei paesi del sud del mondo.

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