La campionessa paralimpica Giulia Terzi: «Ai bambini dico: fate sport, vi cambia la vita»

Intervista alla 26enne di Arzago che si racconta dopo le cinque medaglie conquistate in vasca a Tokyo.

«Spero che la mia storia insegni ai bambini a uscire dalle paure e provare a fare sport perchè ti può cambiare la vita». Alla fine di un circuito imbandierato che veste di tricolore Arzago d’Adda c’è lei, Giulia Terzi, illuminata dal sole del primo pomeriggio nel giardino di casa.

Sorride con i suoi 26 anni compiuti il 14 agosto e il suo sorriso brilla più delle cinque medaglie che le fanno capolino al collo, la miniera dei trionfi di Tokyo: l’oro con primato paralimpico nei 100 stile, quello nella staffetta 4x100 stile femminile, l’argento nei 400 stile e nella staffetta mista 4x50 stile, il bronzo nei 50 farfalla. Cinque perle dopo le tre ai Mondiali del 2019 e le sette, con sei ori, agli Europei di quest’anno. Cinque capitoli di una storia di trasformazione e liberazione dalla prigionia della scoliosi al canto da sirena nell’acqua della piscina olimpica di Tokyo, che l’ha incoronato regina.

La regina Giulia è stata accolta all’aeroporto dal suo comitato del cuore, con papà Giancarlo, mamma Stefania, ex ranista che a cinque mesi l’ha portata in piscina, la sorella Linda, i fratelli Andrea e Fabio con bandiera e trombetta, i nonni Luisa e Fausto, «i miei primi tifosi». A casa sono rimasti i i cagnoloni Maya, Astrid e Giusi e il coniglietto Gomez, «chiamato così perchè è arrivato ai tempi della Papu Dance». Giulia se li coccola pensando alla prossima gara. «Giovedì discuto la tesi in Giurisprudenza all’Università telematica di Milano. L’argomento? Il confronto tra le tutele legali in Italia e quelle negli Stati Uniti per gli atleti paralimpici». Sarà la seconda laurea dopo quella dopo quella in Scienze Politiche.

È tempo di allori. Stasera verrà premiata a Casirate (alla festa della birra), intanto si gira tra le mani cinque medaglie paralimpiche. Se chiude gli occhi quale immagine rivede a Tokyo?

«Sono in vasca nella finale dei 100 stile, a 15 metri dalla fine guardo sott’acqua nella corsia della mia avversaria più forte (l’americana McKenzie Coan, ndr) e vedo che sono davanti. In quel momento ho capito che stavo vincendo, stavo facendo un’impresa. Ho pensato: non mollare, ce la stai facendo, ci siamo».

Quali pensieri girano prima di tuffarsi per l’oro?

«In camera di chiamata m’impongo di calmarmi, la sera prima della gara penso a tutti gli allenamenti fatti, nei 100 stile penso che sono solo due vasche, rispetto ai 10 km al giorno di allenamento».

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