«Bruxelles, il Covid come uno tsunami
Il cuore a Bergamo e ai miei affetti»

«Il mio percorso migratorio nasce già dall’infanzia, quando l’essermi trasferita in Svizzera con i miei genitori mi ha permesso di conoscere questo mondo fin da piccola. E, poi, successivamente, nonostante sia rientrata in Italia questo percorso è sempre continuato, senza mai fermarsi, fino a quando, 25 anni fa ho accettato il primo lavoro all’estero e da allora non sono più rientrata stabilmente in Italia». Silvana Scandella, 63 anni, originaria di Clusone, racconta così la sua esperienza di migrante. Un’esperienza che, come detto, ha iniziato fin da piccola e che da subito ha sentito appartenerle.

«Coi miei genitori mi trasferii a Lucerna, dove rimasi fino alle elementari. Si pensa sempre, quando si parte per trasferirsi a vivere e lavorare all’estero, che si tratti di qualche anno e che presto si tornerà nel proprio Paese, ma quasi mai poi va così. I miei genitori, infatti, sono rientrati a Clusone solo al termine del mio percorso universitario. Io, invece, ho potuto tornare prima di loro. Infatti, tutto il mio percorso di studi l’ho svolto in Italia: dalle elementari all’università. Sempre a Bergamo». L’estero però Silvana ha continuato a viverlo anche in quegli anni. «Durante l’estate, infatti, tornavo sempre a Lucerna, dove c’erano anche mio fratello Marco e mia sorella Elvira. Poi, mi sono laureata in Lingue e letterature straniere nel 1980 all’Università di Bergamo e il mio percorso professionale è iniziato subito, come docente di lingua francese prima a Bergamo e poi a Rovetta. Avevo però sempre dentro di me questa curiosità del mondo migratorio. Tra i miei alunni avevo anche i figli degli emigrati rientrati nel proprio Paese d’origine».

Silvana è quindi sempre rimasta in contatto con questo contesto e, nel 1995, si è trasferita in Svizzera, a Neuchâtel, per lavorare per 7 anni come docente di italiano all’estero. «Ho vinto un concorso nazionale e ho voluto e saputo cogliere questa opportunità, non da sola ma con la mia famiglia, visto che sono partita con mio marito e con mia figlia piccola di neanche due anni. Sicuramente non è stato semplice ed emigrare ha sempre delle difficoltà. Ma è stata un’esperienza positiva perché affrontata con la mia famiglia. Insieme tutto è più superabile». Finiti i 7 anni di mandato a Neuchâtel, Silvana è rientrata per qualche mese in Italia, salvo poi ripartire per un secondo mandato, che questa volta l’ha condotta con la sua famiglia a Bruxelles. «Dal 2002 viviamo a Bruxelles e anche qui io ho insegnato la lingua italiana, ma ho svolto anche altri progetti come l’insegnamento della cultura italiana in lingua francese. Concluso il mandato, che era di 8 anni, abbiamo comunque deciso di rimanere a vivere a Bruxelles».

Le esperienze a Neuchâtel e a Bruxelles sono state molto diverse tra loro, ma entrambe accomunate da quel sottofondo migratorio che Silvana sente da sempre suo. «La prima esperienza in Svizzera era più a misura d’uomo. Mentre Bruxelles è una capitale e sicuramente lo è meno, è più dispersiva, ma anche molto internazionale, anche grazie alla presenza delle Istituzioni che portano qui moltissimi Paesi e lingue. Vivono molti italiani qui, espatriati come noi, ai quali ci siamo avvicinati in questi anni. Ma nessuno, da qualsiasi Paese provenga, si sente straniero qui. Si respira un’aria internazionale anche per strada e nella vita di tutti i giorni. E anche noi ci sentiamo a casa, per nulla stranieri. Questo è aiutato anche dall’atteggiamento dei Belgi nei confronti degli stranieri: è un atteggiamento multiculturale, di ascolto, di servizio e positivo. Poi, quando ci siamo trasferiti qui mia figlia non era più piccola piccola, aveva 9 anni e frequentando le scuole siamo entrati in contatto con il tessuto sociale di questo Paese e siamo perfettamente integrati».

Silvana, quindi, vive fuori dall’Italia da ormai 25 anni e, almeno per ora, non ha intenzione di tornarci in pianta stabile. «Ma col mio Paese natale ho un legame forte. Torniamo spesso a Clusone e per noi è stato davvero difficile non tornare durante tutto il periodo del confinamento. Non eravamo abituati a stare così tanti mesi senza rientrare in Italia e abbiamo vissuto per la prima volta la mancanza dell’Italia (senza contare che vedere quello che succedeva a Bergamo ed essere lontani è stato molto difficile)».

«E qui purtroppo la seconda ondata è più grave della prima di marzo e aprile – aggiunge ripercorrendo quello che sta accadendo in questi ultimi giorni –. La situazione sta peggiorando in Belgio come nel resto d’Europa e del mondo. Tutti i bar e ristoranti saranno chiusi per un mese; c’è il coprifuoco dalle 24 alle 5 per un mese; proibiti i mercatini di Natale; telelavoro obbligatorio dove è fattibile.Tra 15 giorni: valutazione della situazione». Silvana, come tanti bergamaschi all’estero, guarda con trepidazione alla situazione di Bergamo.

Quello con la terra d’origine, spiega, unito ai suoi studi e a questo mondo migratorio che sente davvero suo, ha portato Silvana a istituire il 17 marzo 2014 il Centro Centro di Ricerca e di Risorse in Didattica/Didattologia delle Lingue–Culture e delle Migrazioni–Mobilità, inaugurato poi il 9 maggio 2014 in occasione del primo convegno annuale «Migrazioni e Mobilità. Ieri, oggi e domani», che si avvale di un Comitato scientifico–organizzativo internazionale con esponenti del mondo accademico e referenti locali. «Questo centro ha sede a Onore, un paesino poco lontano da Clusone, da dove è partita l’esperienza migratoria dei miei genitori. Il centro analizza e valorizza la migrazione–mobilità nelle sue varie forme in prospettiva di didattica universale e interculturale con un approccio orientato all’azione». «Nel 2015 abbiamo anche inaugurato uno spazio museale del Centro destinato al MuMiMo, Museo delle Migrazioni-Mobilità, dove i bambini possono venire a fare lezione e imparare e capire che ci sono persone che partono da Onore per migrare in altri Paesi e avvicinarsi così a questo mondo migratorio» conclude. Fin da bambini, per assaporarlo e sentirlo come naturale, proprio come è successo a Silvana.

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected] .

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