Alzano e Nembro: «La zona rossa, ora.
Non si vede la fine, c’è tanta amarezza»

Rigido rispetto delle regole, nei due paesi più colpiti nella prima ondata. «A marzo chiedevamo di chiudere, ora è tardi». Ma anche qui contagi raddoppiati in una settimana. «Siamo sospesi, c’è tanta tristezza».

Amaro. Come il caffè preso così al volo, al tavolino messo all’entrata del Caffè Centrale di Nembro, perché la gente, qui come in tutti i bar, non può entrare. «Solo asporto»: lo dice l’ultimo Dpcm, lo ricorda il cartello messo da Giulia Gotti, la titolare del locale. Pierina Carnovali s’avvicina al tavolino, le bariste sanno che non vuole zucchero, due parole e via, non prima di condensare in quel «non ci possono togliere anche questo, io di casa esco: abbiamo sofferto tanto, troppo». Come a dire che questa chiusura «arriva tardi: dov’erano a fine febbraio, a marzo quando qui le ambulanze rompevano l’aria?» si chiede un altro nembrese di passaggio sulla piazza della chiesa plebana, mentre fa notare che «oggi per fortuna abbiamo pochi contagi rispetto ad altre zone».

In realtà pochi, ma in crescita: ieri sei positivi in più ad Alzano (giovedì invece 2) e tre nuovi positivi a Nembro (giovedì 1 in più). Ma, come fa notare il sindaco di Alzano Camillo Bertocchi, «i casi sono più che raddoppiati in una settimana: da 11 di venerdì scorso a 24» di ieri, mentre «due settimane fa erano 6 e tre settimane fa erano 5». E dei 24 contagiati, va detto che «a ieri (giovedì, ndr) due erano ospedalizzati». Aumentano, i positivi, anche a Nembro, dove tre classi della primaria sono in quarantena: giovedì erano 11 in totale, 7 in più di una settimana fa.

Dolore più che rabbia

Nelle prime ore di convivenza con le regole della zona rossa non c’è rabbia, qui a Nembro e nemmeno nella vicina Alzano, dove i mesi caldi della pandemia hanno messo a dura prova tutti. Non rabbia. Dolore sì, amarezza. Nel primo giorno di zona rossa «cambia ben poco per noi» afferma Simona Barzaghi, insegnante al liceo artistico Manzù di Bergamo di discipline pittoriche. «Non c’era bisogno di indire un nuovo lockdown – spiega Barzaghi davanti alle piscine di Alzano –: qui abbiamo avuto tutti tanti lutti, siamo stati tutti bravi, rispettosi delle regole, al massimo». Anche troppo: c’è gente, qui, «tanti anziani che non escono più di casa da marzo». Paura? «Non c’è più la paura, il terrore dei primi mesi – risponde –. Quello di queste settimane è qualcosa di oscuro nell’anima, uno stato sospeso dovuto alla confusione». E al tempo: mesi e mesi di calvario, parenti che si ammalano e alcuni, troppi muoiono. Il lavoro che si ferma, poi riprende a fatica, tamponi di massa per capire, bonus per proseguire. Ora, una nuova chiusura. Parziale sì, ma tanto basta a far dire che «non c’è una visione del futuro, siamo sospesi».

Guardi il grande parcheggio delle piscine di Alzano, vuoto, e il concetto si fa realtà. A quest’ora di un venerdì di un anno fa, qui sarebbe stato un pullulare di mamme con bimbi al seguito diretti ai corsi di nuoto, caffè al bar, la spesa da fare al vicino supermercato aspettando la fine della lezione e un vociare che ora rimbomba nella sua assenza assordante.

Vuota la ciclabile sul Serio

Parla della zona rossa, quella della scorsa primavera, mai arrivata, e quella in vigore da ieri, Giovanna Pavoni. Spinge il carrello per entrare al Conad, «per fortuna qui non ci sono code, io preferisco fare la spesa nel mio paese – dice –. La questione della zona rossa è stata una brutta cosa: la chiedevamo, serviva e non l’hanno istituita». Sulla ciclabile lungo il Serio non c’è il solito pienone. Valentina e Natalia, badanti ucraine, chiacchierano mentre sfilano alcuni runner solitari. «Oggi non sono andato a correre sul Serio: rischierei di finire in territorio di Pradalunga e non si può» dice Vittorino Negroni di Nembro allargando le braccia, proprio come il titolare della tabaccheria di via Mazzini: «Qui sono tutti mesti, direi tristi: non pensavano che toccasse ancora a loro». Saputo del nuovo Dpcm, molti si sono organizzati: «I miei clienti che vengono da fuori Nembro – spiega il parrucchiere Giancarlo Carrara – hanno anticipato gli appuntamenti a giovedì. In giro c’è poca gente, zona rossa o non zona rossa: è così da un po’».

Pochi e con un’enorme bisogno di risentirsi paese. «Ho approfittato della possibilità di continuare a fare asporto – racconta la barista Giulia Gotti, commuovendosi – anche per me, per respirare un po’. Se chiude tutto mi sembra di abbandonare la speranza».

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